A capo dell'équipe di Chirurgia vascolare che all'ospedale di Sondalo (Sondrio) ha salvato la vita a una 58enne che rischiava di morire per la rottura dell'arteria tiroidea provocata da ripetuti colpi di tosse, Gian Luca Canu, sassarese, il medico che ha guidato l'eccezionale intervento.

Come sta la signora?

"Decisamente bene, è in pieno recupero ed è stata dimessa proprio ieri".

Si è trattato di un caso rarissimo?

"Di questo tipo, dice la letteratura, se ne sono verificati solo 15 in tutto il mondo a partire dal 1930. A me non era mai capitato, e probabilmente, data la straordinarietà dell'evento, ci scriverò anche un lavoro scientifico".

C'erano fattori di rischio?

"No, si trattava di una persona sana, senza patologie cardiache, che, a causa di questi forti e ripetuti colpi di tosse, ha avuto conseguenze che potevano essere letali. Ma nessuno l'avrebbe mai potuto pensare".

Le capita di avere pazienti che arrivano dalla Sardegna?

"Mi capitavano quando lavoravo all'ospedale Papa Giovanni XXIII a Bergamo, ne ricordo diversi".

Arrivavano in Lombardia perché il sistema sanitario è migliore di quello sardo?

"Si tratta di due livelli diversi, senza dubbio. In Sardegna ci sono anche delle eccellenze, così come ci sono le risorse umane, ma spesso hanno difficoltà a esprimersi. Succede, ma è esperienza comune rispetto a tutto il sud Italia - che abbandonino la Sardegna per raggiungere la penisola oppure Paesi esteri, e poi non tornino".

Come è successo a lei?

"Più o meno. Ho lasciato Sassari quando ero al secondo anno di specializzazione, nel 1998, per continuare gli studi a Milano. All'epoca c'era una convenzione fra le due università. Ma se avessi potuto sarei rimasto volentieri in Sardegna".

Gli atenei sardi preparano i laureati in modo adeguato per ruoli di prestigio?

"Assolutamente sì, almeno per l'esperienza che ho avuto io. Sassari era un vero e proprio crocevia di professori di alto livello che arrivavano in Sardegna, facevano la loro esperienza e poi ripartivano. E c'erano diversi scambi a livello universitario, con molte possibilità".

Medicina è ancora un "porto sicuro"?

"I dati dicono di sì, c'è la necessità di medici, con una forte carenza soprattutto per quanto riguarda quelli di base. Con il numero chiuso chi esce dalle università non riesce a coprire il numero di quelli che vanno in pensione. E sarà così per almeno i prossimi cinque anni".

È favorevole al numero chiuso?

"Io sì, anche se si è passati da un eccesso all'altro: prima accesso libero, ora limitatissimo. ci vorrebbe in realtà una vera e propria programmazione; la classe dirigente, a livello nazionale, dovrebbe formarsi su questa base".

Quale consiglio darebbe ai neolaureati sardi?

"Mai arrendersi, fare esperienze fuori dall'Isola, e avere sempre curiosità e voglia di crescere".

Tornerà a lavorare in Sardegna o resterà uno dei tanti cervelli "fuggiti"?

"Se ci saranno le condizioni, perché no? La mia famiglia vive lì, anche mia sorella è medico. Per ora mi accontento di tornarci ogni tanto, almeno per una breve vacanza".

Sabrina Schiesaro

(Unioneonline/s.s.)

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