"Lo confesso, adesso che sono passati 34 anni. Quelle scritte sui muri di tutta la Sardegna le ho fatte io. Ho consumato almeno mille bombolette di vernice. Io proprio io perché era un grido di protesta, il modo per urlare la mia rabbia, dire al mondo che esistevo, che andavo comunque avanti: messaggio a chi aveva dato fuoco alla mia auto".

"Io, Rossano Murgia, ora ho 56 anni, ma il 18 aprile 1984 ero un giovane carpentiere innamorato del proprio lavoro. Alle cinque del mattino fui svegliato dai bagliori delle fiamme. Ho tentato di spegnere l'incendio, in pochi minuti la mia Fiat 127 panorama, la usavo anche per lavoro, è stata ridotta in un ammasso di ferro bruciato. Sulla lamiera la prima scritta, rivolta agli incendiari: io proprio io perché".

"Quel rogo mi ha mandato via di testa. Mi è venuta la depressione, avevo pensieri strani. Credevo di essere in contatto con entità, mafie di tutto il mondo, extraterrestri, servizi segreti. Mi pedinavano, mi leggevano nel pensiero. Così prendevo un foglio di carta, scrivevo la mia rabbia, la mia delusione, una richiesta di aiuto per il mondo che va a rotoli, e imbucavo le lettere, senza francobollo, sicuro nel mio delirio che sarebbero arrivate a destinazione".

Una delle famose scritte
Una delle famose scritte
Una delle famose scritte

"Poi ho riempito di scritte i muri della mia casa, del mio quartiere a Sinnai. Sempre le solite parole. Quindi lungo la vecchia Orientale, la strada per Villasimius, la 131. Uscivo di notte, quasi sempre solo, armato dei pensieri e della bomboletta. Sui muri, sui ponti, sui cartelli stradali la stessa frase. Un mantra. Non mi hanno mai preso. Solo una volta i carabinieri mi trovarono a bordo strada. Si sente male? No, un colpo di sonno".

"Per qualche anno poi mi sono trasferito nella Penisola in cerca di lavoro e ho cominciato anche lì: Venezia, Milano, Roma, Napoli, Reggio Calabria, dappertutto: io proprio io perché. Uscivo di casa, prendevo l'autostrada e cercavo il punto giusto, è capitato di trovarlo vicino al Duomo, al Colosseo, nei viadotti delle autostrade, nelle Vele di Scampia".

"A salvarmi è stata la scrittura: dal 1990 non più sui muri ma libri. Vado avanti con una piccola pensione di invalidità e con i miei romanzi. Ne ho scritto cinque, altri tre sono pronti. Me li pubblicano case editrici della penisola: migliaia di copie, basta che io ne compri almeno cento. Sono tutti autobiografici più un appello alle mafie di tutto il mondo affinché si adoperino per il bene e non per il male".

"No, non leggo: non voglio contaminare il mio stile, lo so che è un limite per uno scrittore ma per adesso voglio andare avanti così. Io proprio io perché, le scritte ormai sono quasi tutte sbiadite, il reato di danneggiamento prescritto. Resta il messaggio: non fate mai il male che hanno fatto a me".

Paolo Carta
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