Un interrogatorio fiume, lungo oltre 12 ore. Un duro confronto, soprattutto per il peso e il taglio delle domande che hanno dovuto affrontare.

Quella che hanno dovuto sopportare le due studentesse americane di 20 e 21 anni, che lo scorso settembre hanno denunciato di essere state violentate a Firenze da due carabinieri in servizio, è stata una prova difficile, una seduta che è stata giudicata "sadica" dallo stesso giudice Mario Profeta (suo il compito di filtrare le domande dei difensori dei due militari); i verbali sono stati pubblicati dal Corsera.

La notte della presunta aggressione - era il 7 settembre 2017 - dopo una serata passata in discoteca le due ragazze hanno incontrato i carabinieri che si sono offerti di accompagnarle a casa.

I due uomini dell'Arma hanno poi ammesso il rapporto sessuale, sostenendo che è avvenuto con il consenso delle ragazze, ormai ubriache.

"Mi sentivo minacciata dal fatto che lui porta un’arma", è una delle risposte alle domande dell'avvocato, che a un certo punto chiede se, "per sottometterla", il suo cliente abbia usato la forza. Ma la domanda non viene ammessa dal giudice.

Così, il contrattacco: "Non ha lottato fisicamente?" chiede l'avvocato, scendendo anche in particolari sulla possibile scena.

"Sono domande che si possono e si devono evitare nei limiti del possibile", lo ferma il giudice, "perché c’è un accanimento che non è terapeutico in questo caso... Mai andare oltre certi limiti".

Poi un'altra stoccata: "Lei trova sexy gli uomini con la divisa?".

"Inammissibile", incalza ancora il giudice che poi finirà per non ammettere un buon numero di domande, come quella in cui l'avvocato chiede se una delle ragazze indossasse pantaloni o portasse la biancheria intima, per poi dire: "Penso che qualcuno abbia finto un reato".

Poi l'ennesimo affondo. "Quando la sua amica urlava", quella sera, "erano urla di dolore o parole?".

Al che il giudice ordina lo stop dell'interrogatorio.

(Unioneonline/m.c.)

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