Gli atti del processo Cappato devono essere inviati alla Consulta, che dovrà valutare la legittimità costituzionale dell'articolo 580 del codice penale che disciplina il reato di aiuto e istigazione al suicidio e prevede una pena tra i 6 e i 12 anni di carcere.

Questa la decisione della Corte di Assise di Milano a conclusione del processo nei confronti di Marco Cappato, accusato di aver istigato al suicidio Fabiano Antoniani (Dj Fabo) morto un anno fa in una clinica svizzera.

Un procedimento dove accusa e difesa si sono trovate d'accordo sulla non colpevolezza dell'esponente radicale, in base al principio del diritto all'autodeterminazione e a una morte dignitosa, che di fatto assolverebbe l'imputato dall'aver accompagnato il 40enne, cieco e tetraplegico dopo un incidente in auto, nella clinica Dignitas per il suicidio assistito.

"Noi - ha detto il pm Tiziana Siciliano nella sua requisitoria - non possiamo permetterci di decidere cosa può essere degno per un'altra persona, è una violazione delle libertà personali più basilari. Qui dobbiamo parlare di autodeterminazione non solo perché lo impone la Costituzione, ma perché l'Europa e la Corte per i diritti dell'uomo ne hanno parlato esplicitamente anche su casi assimilabili" a chi come Fabo passa da una vita "un po' ribelle" - tra lavoro, passione per la musica e il motocross - a una immobile, "in gabbia, con il cervello a impartire ordini e il corpo a ignorarli per sempre".

Ora toccherà alla Corte Costituzionale esprimersi, per arrivare alla decisione finale su una vicenda che non smette di far discutere e dividere.

Cappato è stato invece assolto per l'altro reato di cui era accusato, quello di aver "rafforzato i propositi suicidiari di Fabiano Antoniani".

(Unioneonline/m.c.)

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