Non è reato dare del falso e del bugiardo a un sindaco, se non ha mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale.

Lo dice la sentenza 317 della Cassazione, che ha riconosciuto il diritto di critica politica a un gruppo di consiglieri comunali dell'opposizione del Comune di Furci Siculo, nel Messinese, che avevano affisso nel paese alcuni manifesti sull'ex primo cittadino Bruno Antonio Parisi.

In essi il sindaco veniva definito "falso, bugiardo, ipocrita, malvagio" per aver deliberato l’erogazione dell’indennità di funzione "così tradendo le promesse elettorali".

Nel processo di primo grado, nel 2014, i consiglieri Sebastiano Foti, Carmelo Andronico, Beniamino Lo Giudice, Alessandro Niosi, Saverio Palato e Agatino Vinci era stati condannati dal tribunale di Messina per il reato di diffamazione. Poi, due anni dopo, l'assoluzione in Appello.

Ora la Suprema Corte ha respinto il ricorso presentato dall’ex sindaco per ottenere il risarcimento dei danni.

Secondo quanto si legge nella sentenza, "gli epiteti rivolti alla parte offesa presentavano una stretta attinenza alle vicende che avevano visto l’opposizione contrapporsi al sindaco in merito alla erogazione di funzione, a cui il primo cittadino aveva dichiarato di voler rinunciare in campagna elettorale".

Dunque, "in questo ambito, gli epiteti 'falso, bugiardo, ipocrita' si ricollegano al mancato adempimento delle promesse elettorali nonché all’avere omesso di dichiarare pubblicamente il proprio ripensamento sul tema dell’indennità di funzione".

Per quanto riguarda infine l'aggettivo "malvagio" - che a prima vista può apparire poco attinente al linguaggio dell'agone politico -, secondo la Suprema Corte, "è apparso chiaro ai giudici di merito che l’attacco al Parisi riguardava specificamente le scelte politiche ed amministrative sue e della sua maggioranza e, del tutto correttamente, si è escluso che sia trasmodato in un attacco alla dignità morale e intellettuale della persona offesa".

(Unioneonline/F)
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