"Quando sul sito del Comune è stata pubblicata la graduatoria dei beneficiari e ho visto il mio nome, ho pianto. Sono un invalido civile malato di sclerosi multipla e finora avevo come unica fonte di sostentamento l'assegno Inps di 289,80 euro al mese".

"I 200 euro in più che ricevo con la firma del patto di inclusione cambiano completamente la qualità della mia vita quotidiana. In più, faccio un servizio di collaborazione nella biblioteca del paese. Qualche volta la politica è capace di fare qualcosa di buono. Grazie".

LO STRUMENTO - Questo - racconta il consigliere regionale di Art. 1 Sdp Luca Pizzuto - "è uno dei tanti riscontri che abbiamo avuto da quando è operativo il Reis, l' Agiudu torrau ", la legge approvata ad agosto dell'anno scorso (la Sardegna è stata prima in Italia) che vuole assicurare una soglia minima di dignità e felicità alle famiglie povere. C'è voluto tempo, ma in un modo o nell'altro lo strumento ha ingranato la marcia giusta quasi ovunque.

"Abbiamo riformato un modello, siamo passati dalle 'povertà estreme' alla garanzia di un diritto. La situazione tipo riguarda la madre sola con un figlio. Adesso basta con discussioni e battaglie: chiediamo che il rifinanziamento minimo di 45 milioni di euro l'anno sia messo a sistema".

LE CIFRE - Per il 2017 la Regione ha finanziato la norma con 44 milioni di euro, le domande presentate complessivamente nell'Isola sono state 20.813, il fabbisogno registrato dai Comuni ha superato i 66 milioni 700mila euro, dunque, sono mancati oltre 22 milioni per dare risposte concrete ai sardi che soffrono la fame e l'emarginazione.

E dello stesso saldo negativo si continuerà a parlare, dato che nella prossima Finanziaria le risorse stanziate sono le stesse, 30 milioni sicuri, più altri 15 milioni promessi, come risultato delle "trattative" con la Giunta.

L'ANCI - Non è soddisfatto Emiliano Deiana, presidente dell'Anci. "Mi risulta che ci sono ancora grossi problemi di carattere tecnico, in alcuni Comuni non si riesce a chiudere la graduatoria a causa di una mancata sintonia con i dati Inps. Poi, ora che arriva il nuovo strumento nazionale, il Rei, come si integreranno le due azioni? Prevedo incertezze e caos".

E prosegue: "I 30 milioni di euro previsti per l'anno prossimo, che forse diventeranno 45, non bastano assolutamente. Troppe persone restano fuori, abitanti di una "terra di mezzo" che non riusciamo ad aiutare".

L'associazione dei sindaci ha presentato una serie di richieste molto precise: servono altri criteri d'accesso - "si misura l'Isee dell'anno precedente, ma se mi hanno licenziato oggi e ho tre figli cosa faccio nei prossimi mesi?" - e servono strumenti molto più flessibili, gestibili direttamente dagli enti locali.

"Ci opporremo in ogni modo a qualsiasi logica di centralizzazione, siamo nettamente contrari all'ipotesi di una graduatoria unica della povertà", sottolinea Deiana.

LA REGIONE - Un segnale di ottimismo arriva dall'assessore regionale alla Sanità e alle Politiche sociali Luigi Arru: "A breve renderemo la misura regionale coerente con quella nazionale, elevando anche il limite Isee. Uniformeremo anche le procedure, in modo che le persone abbiano un solo punto di accesso e che si possa ampliare ancor più la platea dei potenziali beneficiari. Per questo, stiamo sviluppando una collaborazione con la Regione Puglia, che ha già adottato un sistema informativo che integra la misura nazionale e quella regionale".

"Ancora: presto saranno pronti i bandi che consentono di attivare misure di inclusione attiva, progetti formativi e di inserimento lavorativo, per dare ai beneficiari del Reis gli strumenti per poter superare la condizione di povertà".

IL VOLONTARIATO - Giampiero Farru, presidente di Sardegna Solidale e componente del Centro europeo del volontariato, avverte: "È presto per fare un bilancio sull'efficacia del Reis, siamo appena all'inizio, anche se un primo risultato è stato quello di far emergere le reali necessità. A Cagliari, per dire, dove le famiglie assistite dai Servizi sociali erano 1800, le domande presentate sono state 2200".

Aggiunge: "Bisogna cambiare mentalità, finora si è ragionato in termini di assistenzialismo, e diciamocela tutta, è stato utile per creare consenso in chiave elettorale. Adesso dobbiamo modificare l'approccio al problema, la povertà è in crescita e se la priorità assoluta è il lavoro, l'altra sfida è quella di coinvolgere sempre di più gli interessati. Non diamo denaro contante, chiediamo a loro di cosa hanno bisogno - i libri di scuola per i bambini? il pagamento delle tasse universitarie per i ragazzi? - e interroghiamoli su come pensano di poter uscire dalla situazione in cui si trovano, in modo che siano i protagonisti del loro riscatto".

Cristina Cossu

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