Nel 2002 il marito morì per una valvola aortica difettosa.

Oggi, dopo quindici anni di battaglie giudiziarie, la vedova di Antonio Benvegnù ha ricevuto una lettera: una cartella esattoriale da centomila euro con la quale l’ospedale di Padova le chiede di restituire il risarcimento che le era stato dato.

"Vivo con una pensione da mille euro al mese - dice Margherita Sambin - dove li trovo quei soldi?".

LA VICENDA - Antonio Benvegnù fu ricoverato e operato per un problema al cuore: gli fu impiantata una valvola, ma morì 11 giorni dopo l'intervento.

Il dispositivo, rivelò l'autopsia, era difettoso e dalle indagini emerse che dietro quelle valvole provenienti dal Brasile si nascondeva un giro di tangenti in cui erano coinvolti un distributore italiano, medici e primari.

In primo grado il processo per omicidio colposo, lesioni e corruzione si concluse con la condanna al primario Dino Casarotto, che impiantò le valvole, a cinque anni e quattro mesi, e all'Azienda a risarcire i pazienti (Benvegnù non fu l'unica vittima).

La Sambin ricevette 97mila euro, soldi che lei spese per pagare il mutuo della casa e gli avvocati della lunga vicenda giudiziaria.

Il secondo e il terzo grado ribaltarono la sentenza: unici colpevoli sono rimasti i produttori brasiliani, che però latitano, mentre la questione delle tangenti finì in prescrizione.

Così la clinica ha chiesto i soldi indietro. Ma la vicenda, garantisce il legale della Sambin, non finisce qui.

(Redazione Online/D)
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