È la più conosciuta delle preghiere cristiane, fu lo stesso Gesù ad insegnarla ai suoi discepoli.

Ed ora a metterne in discussione la traduzione non sono solo alcuni teologi, ma anche Papa Francesco.

Parliamo del "Padre nostro" e, in particolare, del passaggio che recita "non ci indurre in tentazione".

"Non è una buona traduzione", ha affermato il Santo Padre nel corso del programma "Padre Nostro", che va in onda su Tv2000 e in cui Bergoglio dialoga con don Marco Pozza, giovane cappellano del carcere di Padova.

"Dio non ci induce in tentazione", ha ammonito il Papa. "Sono io a cadere in tentazione, non è lui che mi ci butta per poi vedere come sono caduto: un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito. Quello che ti induce in tentazione è Satana".

E in effetti, ha fatto notare il Santo Padre, anche i francesi hanno cambiato il testo. "Non mi lasci cadere in tentazione", dicono.

A fargli eco c'è anche monsignor Bruno Forte, teologo ed esponente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. "Il testo originale in greco - spiega - usa un verbo causativo: non è un indurre in tentazione, ma un 'non metterci nelle condizioni di cadere in tentazione', o 'non lasciarci cadere nella tentazione'".

"L'originale - continua - ha proprio questo significato, una invocazione affinché il Signore non permetta che noi cadiamo nella tentazione e ci dia tutti gli aiuti per superarla".

E dopo questo appello di Papa Francesco la Cei - organismo a cui spettano le traduzioni liturgiche - potrebbe decidere di cambiare la traduzione.

(Redazione Online/L)
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