Si era fidata, era sicura che il gioco sarebbe rimasto tra gli amici del "gruppo".

E invece Michela Deriu è stata tradita, le immagini che pensava essere il segreto di un gioco riservato a pochi, sono diventate di tutti.

E Michela (ormai il pubblico ministero Gianluigi Dettori e i Carabinieri ne sono certi) non aveva inviato a nessuno il video hard che la ritraeva insieme a tre giovani.

Non lo aveva inviato lei, dal suo dispositivo, perché circolasse, e non aveva autorizzato nessuno a farlo.

Invece è successo e le immagini sono state viste da tanti. Sino a finire nelle mani sbagliate.

A disposizione di chi, stando all'ipotesi che prende sempre più piede, ha usato il video hard, come strumento di pressione psicologica e morale, per ottenere delle somme di denaro.

Forse debiti che Michela aveva in sospeso.

IL BRANCO - Dopo le perquisizioni di lunedì pomeriggio, il sequestro di un portatile e l'iscrizione nel registro degli indagati dei nomi di tre persone (accusate di istigazione al suicidio, diffamazione aggravata e tentata estorsione) ieri è emerso che Michela (morta suicida nella notte tra il 4 e il 5 novembre a La Maddalena) è stata "tradita", da una, due persone, delle quali si fidava.

Per poi finire in un ricatto, che potrebbe vedere coinvolti soggetti diversi da quelle denunciati dai Carabinieri.

Altri protagonisti di un girone infernale nel quale era finita la ragazza di Porto Torres.

Se troverà conferma la ricostruzione del pm di Tempio, Gianluigi Dettori, si può parlare di un tritacarne da quale la barista di 22 anni non è uscita viva.

Con ruoli e responsabilità diversi, un gruppo di uomini, alcuni giovani, altri di mezza età, avrebbero abusato della libertà, della sensibilità di Michela, sino a portarla verso il baratro.

La ragazza di Porto Torres, anche questa circostanza è sempre più al centro dell'inchiesta, aveva dei debiti. Piccole somme che doveva restituire da tempo e che potrebbero essere, insieme alla circolazione del video hard, la causa della sua disperazione.

Perché, chi doveva avere il soldi era diventato minaccioso e insistente. Non è escluso che le richieste di pagamento siano state accompagnate dal ricatto: o paghi o facciamo girare le immagini.

ALTRI VIDEO - I militari e la Procura di Tempio stanno cercando altri file.

Il gruppo di persone che ha avuto a che fare con la realizzazione e la circolazione dei video è stato ormai individuato.

Ora, per l'inchiesta sul suicidio di Michela Deriu è arrivato il momento di entrare nel dettaglio delle singole situazioni.

C'è la diffusione del video hard (si parla con insistenza di soft bondage) per la quale, la Procura di Tempio ha formulato le prime contestazioni a carico di tre giovani.

E poi c'è l'istigazione al suicidio e la tentata estorsione, ipotesi che, oltre alle persone già denunciate, potrebbero coinvolgere altri soggetti.

Il computer nella cui memoria è stato il video che sarebbe alla base di questa vicenda, sarà sottoposto a una perizia informatica. È una delle attività più importanti dell'inchiesta.

Il legale della famiglia Deriu, l'avvocato Arianna Denule dice: "Siamo fiduciosi, andremo sino in fondo in questa storia".

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