Non c'è pace per il Governo di Theresa May, dopo la dura presa di posizione di Dublino sulla seconda fase dei negoziati per la Brexit.

E il rischio è che gli effetti del referendum sull'uscita dall'Unione europea riaccendano vecchie tensioni tra le due anime dell'isola irlandese che si pensavano ormai risolte con gli accordi pace del 1998.

Per voce di Phil Hogan, commissario irlandese alla Ue, Dublino preme su Londra perché dia garanzie sui confini territoriali con l'Irlanda del Nord - che appartiene al Regno Unito ma ha votato in maggioranza per il "remain" - e sulla libera circolazione di merci e persone nell'Isola, punto cruciale sulla strada della Brexit anche secondo le istituzioni europee.

Un confine caldo per le risapute questioni storiche e politiche, che oggi acquista un'importanza simbolica, perché la Repubblica d'Irlanda resta un membro effettivo dell'Unione europea e sarà necessario affrontare la delicatissima questione dei quotidiani scambi con i vicini di casa dell'Irlanda del Nord.

E il nodo dei confini non è cosa da poco, perché con gli accordi di pace del 1998 erano spariti i posti di blocco e i controlli doganali, permettendo il libero scambio tra le due anime d'Irlanda, ma l'uscita del Regno Unito dal mercato comune chiederà di ripensare a nuove barriere, anche se "solo" economiche e commerciali.

Non pochi osservatori temono che questo possa riportare squilibri e tensioni in una terra dilaniata dai conflitti, tanto da rispolverare una soluzione limite, tra l'altro prevista dai trattati di pace del Venerdì Santo del 1998: quella, cioè, di unificare l'Irlanda e sfruttare il precedente storico delle due Germanie, con l'ex DDR che entrò di diritto nell'Unione europea senza bisogno di nuovi negoziati. Per farlo, però, sarebbero necessari un referendum, l'accordo tra gli irlandesi di Dublino e Belfast e soprattutto l'assenso di Theresa May.

(Redazione Online/b.m.)
© Riproduzione riservata