"Quale delle seguenti percentuali rappresenta la migliore stima del verificarsi dell'omosessualità nell'uomo?"

È una delle domande su cui sono stati chiamati a confrontarsi ieri gli oltre 33mila studenti che hanno svolto il Progress test (un esame volto a misurare le competenze acquisite finora) nei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia: 0,5 per cento? 5 per cento? O il 25 per cento?

Il quesito, fotografato da uno studente, è arrivato ai rappresentanti del movimento omosessuale.

"Questa domanda - scrive Cathy La Torre (Sinistra Italiana e Arcigay, vicepresidente del Movimento Italiano Transessuali) - è stata inserita nel contesto di un test su diagnosi, genetica, malattie e comportamenti da tenere dinnanzi a certe malattie. Vogliamo sapere, e lo pretendiamo, se la comunità medica italiana ritiene ancora che l'omosessualità sia una malattia".

"Che senso ha chiedere a dei futuri medici la stima dell'omosessualità nell'uomo? Viene anche chiesta la stima della eterosessualità? Perchè è bene ricordare che eterosessualità e omosessualità sono entrambe 'varianti' naturali del comportamento umano. Pretendiamo una risposta dalla Conferenza del Presidi delle facoltà di Medicina: perché questa domanda nel 2017? Non certo per rendere medici e scienziati persone migliori e con meno pregiudizi!".

VALERIA FEDELI - ''È di una gravità inaudita che sia stata inserita una simile domanda nel Progress test'', ha commentato il ministro dell'Istruzione, Valeria Fedeli.

''È francamente incredibile e a dir poco inaccettabile che l'omosessualità sia stata inserita nella categoria delle malattie. Mi auguro che la Conferenza dei corsi di laurea in medicina provveda ad eliminare dall'elenco quel vergognoso quesito, che le risposte ad esso date non siano tenute in considerazione ai fini della valutazione del progresso nell'apprendimento di studentesse e studenti, e che il responsabile di quanto accaduto sia adeguatamente sanzionato''.

''Discriminazioni, totale mancanza di rispetto, simili livelli di ignoranza sono elementi con cui mai vorremmo venire a contatto, tanto meno nelle università italiane, che sono luoghi deputati non solo alla conoscenza, ma all'alta formazione, con tutto quel che questo significa. In termini culturali e di civiltà''.

(Redazione Online/D)
© Riproduzione riservata