"Dimmi dov'è il cadavere di mio figlio": ancora una volta Marco Masala, padre di Stefano, il 29 enne di Nule scomparso la sera del 7 maggio 2015 e mai più ritrovato, si rivolge ad Alberto Cubeddu, il 21enne di Ozieri oggi in aula per il processo che lo vede imputato davanti alla Corte d'assise di Nuoro sull'omicidio e l'occultamento del cadavere di Stefano Masala e sull'assassinio, la mattina successiva, dello studente 19 enne di Orune Gianluca Monni.

Il papà di Stefano lancia un appello alla fine del lungo controinterrogatorio della difesa di Cubeddu, chiedendo ancora una volta di avere un posto dove piangere il figlio, con l'avvocato Mattia Doneddu e Patrizio Rovelli che gli chiedono conto dell'incontro con Alessandro Taras, testimone chiave della vicenda.

A lui Doneddu e Rovelli hanno chiesto di parlare di una chiave annerita ma intatta e di alcune monete ritrovate un anno dopo da Marco Masala nella carcassa della sua Opel Corsa. Era l'auto che Stefano guidava la notte della scomparsa e che lo stesso Taras avrebbe bruciato.

Nel corso della giornata sono sfilati diversi testimoni dell'accusa, compreso Francesco Paolo Dore, zio di Stefano Masala, e compare di Roberto Pinna, il padre di Paolo Enrico Pinna, il minorenne all'epoca dei fatti, già condannato in primo grado dal Tribunale dei Minori di Sassari a 20 anni per i due delitti.

Francesca Zoroddu, altra teste di Nule, ha smentito un suo verbale del 2015 in cui diceva di aver visto la sera del 7 maggio Stefano alla guida della Opel, di aver notato un ragazzo con la maglia bianca scendere dall'auto e saltare un muretto. Il pm ha chiesto di trasmettere gli atti alla Procura riservandosi la possibilità di accusare la donna per falsa testimonianza.

Fabio Ledda

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