È un giallo degno di una spy story che andrebbe a sbancare i botteghini, ma anche la vicenda che potrebbe aprire l'ennesimo fronte di guerra tra sciiti e sunniti, tra Iran e Arabia Saudita.

Parliamo delle clamorose dimissioni del premier libanese Saad Hariri, questione che sta tenendo banco da una decina di giorni.

Ovvero da quando, lo scorso 4 novembre, il capo del governo di Beirut ha annunciato le proprie dimissioni da Riad, dove si trovava in visita, suscitando confusione e incredulità in Libano e tra tanti analisti che ben conoscono le questioni mediorientali.

Decisione sconcertante anche per il motivo e le dichiarazioni che l'hanno accompagnata: "C'è un piano per assassinarmi e temo per la mia vita" aveva detto, puntando poi il dito contro Hezbollah, braccio armato di Teheran in Libano e considerata da Riad, Washington e Tel Aviv un'organizzazione terroristica.

Hariri aveva accusato Hezbollah, e quindi l'Iran, di avere eccessiva influenza a Beirut.

Immediata la reazione dell'Iran, che ha parlato di dimissioni "decise di concerto da Trump con l'erede al trono saudita Mohammed bin Salman" e, quindi, di "decisione saudita contro Hezbollah".

CHE FINE HA FATTO HARIRI? - Una tesi, quella di Teheran, che si fa sempre più verosimile col passare dei giorni. Giovedì mattina infatti l'aereo privato del premier libanese atterra a Bairut, ma non c'è a bordo Saad Hariri, di cui non si hanno notizie dal giorno delle dimissioni. Che fine ha fatto? Secondo molti è ostaggio della famiglia reale saudita, diplomatici stranieri che lo hanno incontrato a Riad hanno riferito in maniera anonima di avere l'impressione che il premier non parlasse liberamente quando annunciava le sue dimissioni. Si infittiscono le indiscrezioni: funzionari libanesi e persone vicine a Hariri dicono all'agenzia di stampa Reuters che il premier arriva a Riad il 3 novembre. Ma non c'è nessun principe ad accoglierlo, come avviene di solito, e gli sequestrano il telefono. Il giorno dopo viene costretto alle dimissioni e gli viene consegnata la dichiarazione da fare in tv: è quella in cui attacca l'Iran e Hezbollah. Riad smentisce tutte le voci e continua a sostenere che Saad Hariri è un uomo libero. E proprio questa sera, colpo di scena, il premier libanese ha parlato in tv, dicendo che la sua decisione di dimettersi è "nell'interesse del Libano" e che tornerà a Beirut "molto presto". Poi l'avvertimento ai libanesi: "Siete in pericolo".

LA SITUAZIONE IN LIBANO - Quello di Hariri fino a 10 giorni fa era un governo di unità nazionale sostenuto dall'Arabia Saudita e appoggiato da Hezbollah. Il presidente della Repubblica Michel Aoun non ha accettato le dimissioni del premier, vuole aspettare il suo rientro in Libano per parlarne di persona. "Qualsiasi cosa abbia detto Hariri non è reale a causa del mistero della sua attuale situazione", ha dichiarato il presidente Aoun, chiedendo a Riad perchè il premier non possa tornare. "La libertà del premier - ha rincarato - è sottoposta a restrizioni". Il leader di Hezbollah ha invitato il premier a tornare a Beirut, "sarebbe il benvenuto", ha detto.

SCENARI DI GUERRA - Questa vicenda potrebbe aprire l'ennesimo fronte di tensione fra Teheran e Riad, che già si fronteggiano in diversi scenari di guerra mediorientali. In Siria, dove l'Iran appoggia Assad e i sauditi stanno coi ribelli. Nello Yemen, dove Teheran sostiene i ribelli houthi contro Riad che sostiene l'ormai ex presidente sunnita del Paese. In Iraq, dove l'Iran si è molto rafforzato grazie alla lotta all'Isis. E in Qatar, dove non c'è una guerra ma la nazione è stata isolata diplomaticamente da Riad per i suoi rapporti commerciali con Teheran. A Beirut, grazie alle vittorie di Assad in Siria, l'influenza di Hezbollah e dell'Iran si stava facendo sempre più forte. Cosa inaccettabile per i sauditi, oltre che per Israele e per gli Stati Uniti. Di qui il disegno di Riad, che punta a far cadere il governo per sostituirlo con uno più "amico". L'Arabia inoltre ha già ordinato a tutti i suoi cittadini di lasciare il Libano. Non è detto che si arrivi a una guerra, insomma, ma una preoccupante escalation delle tensioni è già nei fatti. Con Stati Uniti, Arabia Saudita e Israele da una parte, Iran e Russia dall'altra, con l'appoggio della Cina. In mezzo, la miriade di Stati del Medio Oriente.

(Redazione Online/L)
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