Giorgia Cireddu ha 24 anni e lavora da sei nell'azienda ortofrutticola di famiglia a Serramanna.

Il Pacchetto giovani sembrava lo strumento perfetto perché potesse ritargliarsi uno spazio tutto suo e realizzare il progetto che aveva in testa.

Ha partecipato a un corso per diventare Imprenditore agricolo professionale, ha pagato un agronomo perché le preparasse un business plan, ha girovagato tra gli uffici per mesi, ha fatto a pugni con i burocrati e infine ha presentato la sua domanda.

Attende risposte da troppo tempo. Come Nicola Ghiani, 34 anni di Guasila.

Era a Londra da cinque anni, faceva il supervisore in un ristorante ed aveva ottime prospettive di crescita. Quando suo padre, piccolo imprenditore agricolo, gli ha detto erano in arrivo incentivi per il ricambio generazionale ha pensato che fosse l'occasione giusta per tornare nel suo paese, produrre un suo vino e magari una birra artigianale sfruttando i terreni di famiglia.

È stato nell'Isola per un anno e mezzo, ha fatto i corsi e speso i suoi risparmi ma non ha avuto risposte. Così è tornato a Londra e ora fa l'imbianchino.

Di storie come queste ce ne sono migliaia in un'Isola che talvolta illude i giovani ma spesso non dà loro nessuna alternativa all'emigrazione.

IL "PACCO" AI GIOVANI - Quello del Pacchetto giovani è un caso emblematico.

Nel Psr 2014-202, Programma di sviluppo rurale da 1,3 miliardi di euro, c'è una misura che incentiva il ricambio generazionale e i primi investimenti: un massimo di 35 mila euro per il primo, 15 mila per il secondo. Ci sono 70 milioni a disposizione. L'Europa richiede che nel momento in cui si presenta una domanda l'azienda sia già in corsa: business plan, partita iva, Inps. Insomma, tanti soldi da anticipare.

La macchina parte in ritardo, poco meno di tremila giovani ci credono. Tra false partenze e rinvii passano due anni (dal 2014) e viene pubblicato il primo bando.

A gestire le domande è l'Agea, Agenzia per le erogazioni in agricoltura. C'è un problema: il software che gestisce le procedure non funziona. Passano mesi, la Regione decide di farsi il suo applicativo, così lo chiamano. E inizia a istruire le pratiche e a scartarne molte: due terzi. Forse i soldi arriveranno in primavera ma solo per mille, uno su tre.

"BASTA, MOLLO TUTTO" - Nicola Ghiani non ci crede più.

"È stata solo una fregatura. In un anno e mezzo ho perso un quarto della produzione perché ho rimandato l'acquisto del sistema di irrigazione del vigneto di famiglia in attesa del contributo. Non so se e quando accoglieranno la mia domanda ma è passato troppo tempo e ho speso tutti i miei risparmi. Non me lo posso permettere. Resterò a Londra e venderò tutto, la Regione Sardegna non è attendibile".

LO STUDENTE DISILLUSO - Andrea Cireddu ha 23 anni, studia ingegneria gestionale a Parma e ha rilevato azienda di famiglia, 30 ettari di grano orzo e legumi a uso zootecnico, un uliveto e un piccolo vigneto a Pauli Arbarei.

"Per partecipare al corso obbligatorio ho fatto la spola per dieci volte tra Parma e la Sardegna, ho speso soldi per un progetto che chissà se verrà finanziato. Aspetto da settembre 2016 e sono deluso: sono venuto a studiare fuori per imparare e portare qualcosa di buono nella mia terra ma la mia terra mi sta respingendo. Se queste sono le condizioni me ne sto a Parma, a malincuore".

PARALISI, NON SVILUPPO - Angelo Cabigliera ha 28 anni e un'azienda zootecnica a Pattada con annessa attività casearia. «Abbiamo enormi potenzialità e sappiamo cosa fare ma finora questo bando sta solo rallentando i nostri progetti di sviluppo». Giorgia Nughes, ha 41 anni e una laurea in Economia.

A gennaio ha aperto un allevamento di cavalli da corsa a Macomer trasferendo parte dei cavalli di suo padre. Ha incontrato le stesse difficoltà degli altri con un'aggiunta.

"A causa dei ritardi nella pubblicazione del bando nel frattempo ho superato l'età massima richiesta. Mi creda, nonostante non sia una sprovveduta mi hanno fatto impazzire".

Fabio Manca

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