I soldi non sempre risolvono tutto: dopo l'arrivo a tempo di record di 45 milioni di euro per dare ossigeno agli allevamenti di pecore, strozzati dal prezzo del latte - mai così in picchiata - e dalla siccità, i pastori sardi si preparano a una nuova giornata di protesta. Sul calendario è già stata cerchiata la data del 31 ottobre. L'intenzione è quella di protestare a Cagliari davanti al Consiglio regionale, ma nelle ultime ore sta prendendo corpo l'ipotesi di anticipare a domenica 29. Non è un giorno qualsiasi: nel capoluogo arriveranno in rapida successione il capo del governo Paolo Gentiloni e il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, entrambi ospiti della Settimana sociale dei cattolici italiani. Le misure di sicurezza che verranno schierate però terrebbero a distanza un eventuale blitz del movimento. "Ma noi abbiamo molta fantasia", rilancia Felice Floris, portavoce dei pastori sardi, mentre annuncia una "manifestazione dura e compatta", a prescindere dalla data in cui verrà convocata.

I NODI - Perché gli allevatori hanno deciso di scendere di nuovo piazza, dopo la marcia d'agosto - per certi versi vittoriosa - in via Roma? Da allora il Consiglio ha trovato altri 30 milioni da aggiungere ai 15 già stanziati per l'emergenza. Si è arrivati così a quota 45 milioni, resi disponibili attraverso un bando pubblicato in poche settimane. Il provvedimento offre un contributo di 13 euro per ogni capo d'allevamento. A due condizioni. Primo: le aziende devono essere in regola con i contributi Inps, altrimenti verrà trattenuta dall'assegno la somma necessaria per pagare gli arretrati all'istituto di previdenza sociale. Secondo, gli allevatori dovranno presentare le fatture legate alla vendita del latte degli scorsi anni: in questo modo la Regione avrà finalmente una base di dati per stimare in maniera precisa la produzione del settore ovicaprino. "La macchina amministrativa ha fatto di tutto per rallentare l'erogazione dei fondi. Molte aziende sono in difficoltà e non possono permettersi di pagare i contributi Inps fino a che non riceveranno gli aiuti", spiega Floris che contesta anche la raccolta delle informazioni sul latte: "Le fatture non rispecchiano l'effettiva produzione, è sbagliato prevedere quest'obbligo".

LE DOMANDE - Viste le premesse, non stupisce che il bando fino ad ora abbia avuto poco successo: sono state presentate solo 500 domande su circa 12mila aziende del settore ovicaprino. L'80 per cento delle pratiche però, evidenziano dall'assessorato all'Agricoltura, sono regolari e potrebbero avere un via libera immediato: i primi pagamenti dovrebbero arrivare a novembre. L'obbligo di essere in regola con i contributi Inps - ovvero il punto più contestato dai pastori -, poi, è stabilito dalle norme nazionali. Nei giorni scorsi l'assessore all'Agricoltura Pierluigi Caria ha sondato il terreno col ministero per capire se siano possibili deroghe, ma per ora la strada sembra in salita.

LA POLEMICA - "Stupisce che non ci si renda conto che il mondo ovicaprino ha avuto via preferenziale rispetto a quello dei bovini e del resto dell'agricoltura, colpiti anche loro dalla dura annata siccitosa e dalle altre calamità naturali", attacca l'assessore Caria, che poi difende gli uffici messi nel mirino dai pastori: "Sono state chieste solo le fatture sulle produzioni del latte dal 2015 al 2017: un passaggio fondamentale per intervenire sul futuro del governo del mercato lattiero-caseario sardo. È impensabile che ancora oggi non si conoscano i dati reali". Sull'eccessivo peso della burocrazia è d'accordo anche Battista Cualbu, presidente della Coldiretti: "In alcuni casi gli allevatori non sono riusciti a pagare l'Inps a causa dell'emergenza. Altri invece hanno dovuto fare grandi sacrifici pur di rimanere in una situazione di regolarità. L'importante, per noi, è che le domande non vengano scartate e che ci sia una compensazione".

Nei prossimi giorni il ministro potrebbe firmare il riconoscimento della declaratoria dello stato di calamità naturale: un passaggio che porterà, insieme al pagamento delle pratiche già presentate, altri aiuti - come la riduzione o la sospensione dei pagamenti Inps e dei mutui agrari - alle campagne, messe in ginocchio da una siccità senza fine.

Michele Ruffi

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