Nel 2010 occupava per protesta una cella nell'isola dell'Asinara assieme agli altri colleghi della Vinyls. Cassintegrati, disperati. Ieri ha discusso la tesi di laurea in Medicina e chirurgia, votazione finale 110 e lode.

Giovanni Betza ha 45 anni, un passato al petrolchimico di Porto Torres fatto di illusioni, speranze, sconfitte. Ora, ha un futuro da medico, generico o internista. La decisione è ancora da prendere e sarà legata anche all'esito dei test di ingresso delle scuole di specializzazione.

LA SVOLTA - In viale San Pietro, nell'aula magna della facoltà di Medicina, con la madre, il fratello, gli amici di Codrongianos, dov'è nato e dove abita, c'erano i colleghi che sette anni fa avevano dato vita con lui a una vertenza ironica e originale. Si erano trasferiti in massa all'Asinara per autorecludersi e mettere in scena una parodia dei reality televisivi.

Titolo: "L'isola dei Cassaintegrati". Se ne occupò la stampa nazionale mentre i politici fecero la fila per incontrarli, promettere e farsi fotografare. Dopo diverse vicissitudini la Vinyls è fallita ugualmente. Giovanni Betza era entrato al petrolchimico nel 1994.

Il sogno raggiunto del posto fisso da operaio prima, e quindi da quadrista, capoturno, vice capo impianto. Nel 2010 come altri colleghi ha capito che davanti si stava spalancando il vuoto. "Durante la permanenza nell'Isola ho deciso di riprendere gli studi. Ho comprato i libri e ho preparato il test d'ingresso".

IL SOGNO - È stata anche una sfida personale, perché voleva dire riprendere in mano un sogno che da giovane era stato costretto ad abbandonare. "Mi ero iscritto, ma dopo pochi giorni mi ero accorto che non sarei mai riuscito a seguire tutte le lezioni. Andai anche dal Rettore, ma mi disse che la Facoltà non era adatta agli studenti-lavoratori. Lasciai subito gli studi, e dentro mi restò sempre il rimpianto".

Il destino gli ha concesso una seconda possibilità. La conferma con il superamento del test. "Mi hanno aiutato le mie conoscenze di chimica e del mondo del lavoro. Sono stato avvantaggiato".

La tesi è stata discussa sei anni e otto mesi dopo l'iscrizione, fuori corso di pochissimo. "Il momento più duro è stato quello iniziale". C'era da reinventare una vita. "Avevo una montagna da scalare".

L'esame più difficile? "Anatomia II, ci sono voluti undici mesi". Il rischio di mollare era sempre dietro l'angolo: "Non ho passato Psichiatria, un esame considerato facile. Mi sono detto: cosa mi succede?. Poi ho preso trenta e lode".

I COMPAGNI DI STUDIO - Dopo la laurea i primi a festeggiare Giovanni Betza sono stati i colleghi più giovani, alcuni appena iscritti.

"Mai avuto problemi, ero uno di loro. Qualche docente trovandosi davanti un adulto è rimasto perplesso, ma anche con loro il rapporto è stato splendido. Ho voluto ringraziarli personalmente nella mia tesi".

LE DIFFICOLTÀ - Nei primi anni in cassa integrazione Giovanni Betza ha dovuto dividere il tempo per lo studio e le lezioni con le ore da passare in fabbrica, la mente ormai era altrove.

E in casa c'era l'impegno per accudire il padre, a letto da 14 anni. "Una volontà unica", racconta orgoglioso il fratello Filippo, "sapevo che ce l'avrebbe fatta". "Guardi che non ho fatto nulla", spiega il neo medico, presentando una neo laureata come lui.

"Maddalena: infermiera e mamma, faceva i turni di notte. Abbiamo condiviso gioie, ansia e tensione. Scriva di lei, non di me. Io almeno a casa trovavo il pranzo pronto". La madre Filomena, subito dopo la proclamazione, l'ha abbracciato con qualche lacrima e molti sorrisi.

GLI EX COLLEGHI - A sistemargli la corona d'alloro sulla testa sono stati i vecchi colleghi, prima però l'hanno incollata al suo caschetto da lavoro. Giovanni Betza gli ha dedicato la tesi di laurea.

"Ai colleghi di Porto Torres che in questi anni mi sono stati vicini e mi hanno incoraggiato nonostante la grave condizione umana e lavorativa".

Loro hanno risposto con una scritta sul camice: "A te la laurea da dottore, a noi quella da pazienti. Non ti dimenticare di noi".

Franco Ferrandu

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