Per trovare un lavoro era dovuto andare fino in Svizzera; è rimasto ucciso dopo essere rimasto coinvolto in un terrificante incidente stradale nel Canton Ticino. Giuliano Saba, 45 anni, originario di Arbus, di professione cuoco, padre di un ragazzo di 15 anni, è morto domenica.

La moglie Paola, superando lo choc di un dolore immenso, ha autorizzato la donazione degli organi: cuore, reni, pancreas e fegato di Giuliano permetteranno a cinque persone di continuare a vivere. Nessuno di loro conoscerà l'identità del giovane cuoco sardo che, morendo lungo una lontana strada svizzera, ha restituito loro una speranza.

"Così è come se non se ne fosse mai andato", continua a ripetere la sorella Paola, gli occhi come due finestre buie spalancate sul vuoto. Paola racconta il suo dolore nel soggiorno della casa di sua madre Savina, a Guspini. Savina è lì accanto a lei: la figlia le tiene una mano sulla spalla.

LAVORATORE FRONTALIERO - Giuliano è morto in seguito alle gravissime lesioni riportate nello schianto avvenuto nella giornata di mercoledì. Quel giorno, come al solito, era partito in sella alla sua moto da Germignaga, in provincia di Varese, a pochi minuti dal confine italo-svizzero, dove aveva messo su famiglia (tutta la sua vita: un figlio di 15 anni di nome Davide e sua moglie Paola).

Direzione: il Canton Ticino, dove lavorava. Dopo una ventina di chilometri sulla strada cantonale verso Magadino, all'altezza del comune di Gambarogno, la tragedia. "Ancora non si è ben capito cosa sia successo: erano incolonnati - racconta Paola - poi lo schianto ha coinvolto anche altri mezzi, come in un domino. La polizia svizzera al momento sta indagando sulle dinamiche".

IL DOLORE E IL SOLLIEVO - Alcuni passi silenziosi segnalano l'arrivo di qualcuno: è Patrizia, l'altra sorella.

"Ricordo solo la telefonata di nostra cognata che ci informava dell'incidente", racconta, "la notte terribile in attesa del volo all'alba di giovedì e, all'ospedale civico di Lugano, poi la processione infinita di parenti, amici, colleghi e conoscenti. In tantissimi hanno preso l'aereo per salutarlo. Giuliano tornava in Sardegna svariate volte l'anno: aveva tenuto tutti i contatti. Era così orgoglioso di essere sardo da essersi fatto ricamare una piccola isola su tutte le divise da lavoro. 'Devo tenere alto il nome della mia terra', diceva sempre".

Nel racconto, pieno di tenerezza e nostalgia della sua famiglia, un appello: "Difficile descrivere il momento in cui abbiamo visto decollare l'aereo con i suoi organi: pensare che una parte di lui continuerà a vivere nel corpo di qualcun altro mi riempie di speranza e di sollievo, e mi fa credere che le persone che abbiamo amato non ci lasciano mai per davvero. Per questo diciamo: fate un gesto d'amore e donate gli organi".
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