Dieci milioni di dollari per qualunque informazione che possa servire ad avviare l'impeachment e destituire il presidente Usa Donald Trump.

La superofferta è di Larry Flynt, che negli Stati Uniti è soprannominato il re del porno.

L'annuncio è stato pubblicato su una pagina intera acquistata sul Washington Post dal fondatore della rivista "Hustler" e noto produttore di film pornografici.

Flynt ritiene l'elezione di Trump "illegittima" per i "complotti" della sua campagna elettorale con l'intelligence russa, questione su cui sta indagando il procuratore speciale Robert Mueller.

Nell'annuncio il magnate cita le ragioni per destituire Trump.

Eccole: "aver cospirato con una potenza straniera ostile per manipolare le elezioni"; "avere raccontato centinaia di bugie"; "nepotismo" nelle nomine, con "persone non qualificate a cui sono stati affidati incarichi importanti nel governo"; "compromette la politica interna ed estera con conflitti d'interesse legati al suo impero commerciale"; "incita alla violenza razziale".

L'impeachment secondo Flynt, pur essendo una questione controversa, è sempre meglio dell'alternativa, ossia "altri tre anni di malfunzionamento stabilizzante": quindi, spiega, "è un dovere patriottico espellerlo prima che sia troppo tardi".

Il re del porno spera di avere informazioni utili all'impeachment in pochi giorni, e promette: "Una volta ottenute le piste da seguire, le renderò note immediatamente".

Flynt, che nel 2003 si è candidato a governatore della California, perdendo, nelle presidenziali del 2016 ha appoggiato Hillary Clinton. Ha 74 anni, da quasi 40 (dal 1978) vive in sedia a rotelle: fu colpito dagli spari di un suprematista bianco che non approvava le sue pubblicazioni pornografiche.

Non è la prima volta che offre ricompense milionarie: nel 2007 offrì un milione a chiunque avesse avuto rapporti sessuali con un membro del Congresso e fosse disposto a raccontarli. Nel 2012 offrì di nuovo un milione per informazioni sulla dichiarazione dei redditi dell'allora candidato repubblicano alla presidenza Mitt Romney, che si rifiutava di renderne pubblica una parte.

(Redazione Online/L)
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