A parole, tutti disponibili: "Avete ragione a chiedere di ridurre gli accantonamenti", dicono ministri e sottosegretari ai rappresentanti della Regione, quando si parla delle somme che la Sardegna versa per colmare la voragine del debito pubblico nazionale.

Solo che non seguono i fatti: "Nonostante continue sollecitazioni, non c'è ancora nessuna risposta concreta", lamenta l'assessore al Bilancio Raffaele Paci: "Solo generiche manifestazioni di 'attenzione' per il nostro problema".

Sa un po' di presa in giro, anche se Paci non lo dice. E però, pur con tutto il suo aplomb istituzionale, il vicepresidente della Regione fatica a nascondere l'irritazione della Giunta, per una vertenza che da aprile sembra del tutto impantanata.

LE CIFRE - L'oggetto del contendere è molto concreto: 684 milioni all'anno di entrate che spettano all'Isola, ma sono trattenute dallo Stato come contributo al risanamento del debito.

Un peso che grava su tutte le regioni, ma che la Giunta ritiene sproporzionato per due ragioni: perché la Sardegna ha subìto più di altre la crisi, e senza quelle risorse non può agganciare la ripresa; e perché lo Stato ha aumentato unilateralmente il carico, anno dopo anno, tradendo l'accordo sulle entrate del 2014 (quando gli accantonamenti c'erano già, ma in misura inferiore).

"Non siamo ingenui, sappiamo che per un governo a fine legislatura è difficile fare concessioni", riflette Paci: "Però noi abbiamo solide ragioni, condivise dal sottosegretario agli Affari regionali, Gianclaudio Bressa".

Con lui Paci ha a lungo discusso il dossier della Giunta che rivendica la "drastica riduzione" degli accantonamenti.

Poi, ad aprile, il confronto si è spostato a Palazzo Chigi (con la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi), e si sperava che fosse il preludio a un accordo.

LA LETTERA - Invece, da allora, non si sono piĂą registrate novitĂ .

Anche di recente il presidente Francesco Pigliaru ha scritto al premier Paolo Gentiloni per ricordare la questione, ma non si è smosso alcunché.

"Il governo non ha neppure indicato, come controproposta alle nostre richieste, una cifra da cui avviare la trattativa", nota Paci. E quindi, di fatto, una vera trattativa non c'è.

La Regione ha indicato in 200 milioni gli accantonamenti "indiscutibili": non si pretende di arrivare a tanto, ma tra 200 e 684 si possono trovare vie di mezzo virtuose.

Che serva un'intesa, sul punto, non lo dicono solo Paci e Pigliaru (che a marzo definì «fardello inaccettabile» la dimensione dei sacrifici richiesti alla Sardegna).

Lo ha detto anche la Corte costituzionale, affermando che gli accantonamenti imposti dalla legge di stabilitĂ  nazionale sono legittimi, ma non possono essere eterni, e neppure - appunto - unilaterali.

"La Corte ha respinto il nostro ricorso contro la legge di stabilità - ricorda l'assessore - ma ci ha dato ragione su quei princìpi: però non può fissare la cifra corretta da chiedere alle regioni, e neppure obbligare il governo a trattare".

STRATEGIE - Sembra una strada senza uscita, ma non è detto. Paci nei giorni scorsi, intervenendo in Consiglio regionale, ha rilanciato questo tema, definendolo cruciale per l'ultima parte della legislatura. Ora aggiunge: "Serve una grande mobilitazione politica. Per quanto riguarda la Giunta, proseguiremo il percorso istituzionale. Ma siamo anche pronti ad andare fino in fondo".

Cosa voglia dire "andare fino in fondo" il vicepresidente non lo dice. Ma si può fare qualche congettura, data l'intenzione, da lui dichiarata, di approvare il bilancio regionale entro dicembre, senza il consueto esercizio provvisorio.

Una rapiditĂ  che lascia ipotizzare qualche forzatura sugli accantonamenti, magari per finire nuovamente davanti alla Corte costituzionale e contestare al governo la mancata volontĂ  di trattare.

Paci non conferma ("certo non possiamo spendere soldi che lo Stato non ci dà"), ma la partita è ancora tutta da giocare. "Non è solo una questione di principio", prosegue:

"Ormai la Finanziaria è fatta quasi tutta di spese obbligatorie, ha una massa manovrabile di 30-40 milioni. Anche un taglio di soli 100 milioni degli accantonamenti libererebbe risorse importanti per lo sviluppo".

Ma una cosa è sicura: "Malgrado accantonamenti e rincari della sanità, la nostra manovra non prevedrà ticket né aumenti di tasse".

Giuseppe Meloni

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