Spirano sempre più forti i venti di guerra nell'Estremo Oriente. Il sesto test nucleare del regime di Pyongyang, a cui si aggiungono i continui test missilistici, ha scatenato la reazione della comunità internazionale e la furia di Donald Trump, che non esclude la possibilità di un attacco preventivo. "Vedremo", ha risposto ai giornalisti che glielo chiedevano.

E oggi gli Usa, nel corso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, hanno spinto affinché l'Onu approvi "le sanzioni più severe possibili".

Ma da dove nasce la crisi nordcoreana?

L'ARSENALE DI KIM - Tutto nasce dall'arsenale nucleare della Nord Corea, un regime totalitario molto spregiudicato, e ostile ai cugini sudcoreani e al Giappone, oltre che al loro principale alleato, gli Stati Uniti d'America. Ecco, nel dettaglio, l'arsenale di Kim, stando ai dati dell'intelligence di Seul. Venti ordigni nucleari; migliaia di missili, anche a lunghissima gittata; il quarto esercito più grande del mondo, con 1,2 milioni di effettivi, 7mila carri armati, oltre 25mila pezzi d'artiglieria e 20mila lanciarazzi. Inoltre, Pyongyang ha un arsenale chimico e batteriologico: 5mila tonnellate lanciabili con artiglieria, razzi e bombe aeree. Ci sarebbero antrace, salmonella, febbre gialla, tifo e colera.

I TEST NUCLEARI - È almeno dagli anni '90 che gli Usa cercano di frenare, senza successo, il programma nucleare della Corea: un accordo che prevedeva lo scambio tra forniture energetiche degli States e lo stop al programma nucleare nordcoreano è naufragato nei primi anni del 2000, quando Pyongyang ha abbandonato il trattato di non proliferazione nucleare. Un'altra iniziativa, che prevedeva la partecipazione delle due Coree, Cina, Russia, Giappone e Usa, si è arenata nel 2008. E dal 2006 la Corea ha portato a compimento sei test nucleari e decine di test missilistici. Il primo test nucleare è stato condotto a ottobre 2006, il secondo a maggio 2009, entrambi sotto la guida del "caro leader" Kim Jong-il. Il terzo test è arrivato nel febbraio 2013, il primo dopo l'arrivo al potere del giovane Kim Jong-un.

Dal 2016, le provocazioni sono diventate sempre più frequenti: tra un test missilistico e l'altro, Kim ha fatto detonare altre tre bombe nucleari. Il 6 gennaio 2016 la quarta esplosione, il 9 settembre la quinta, lo scorso 3 settembre la sesta. In un crescendo di potenza: l'ultimo test ha sprigionato 100 chilotoni, 5 volte di più rispetto a quelli usati per la bomba che rase al suolo Nagasaki alla fine della Seconda guerra mondiale.

GIAPPONE E COREA DEL SUD - Sono i Paesi più minacciati dall'arsenale di Kim, entrambi godono del cappello protettivo degli Usa. Se il Giappone è favorevole a un cambio di regime, Seul lo teme: sia per l'ondata di profughi che arriverebbero sia perché destabilizzerebbe i rapporti tra Washington e Pechino e quindi l'intera area.

RUSSIA E CINA - Mosca e Pechino non si fidano certo del regime di Kim, ma non vogliono che crolli perché ciò aumenterebbe a dismisura l'influenza Usa nell'area, andando a rompere degli equilibri che risalgono alla fine della Seconda Guerra Mondiale e che si sono consolidati con l'armistizio del 1953, che pose fine alla guerra delle due Coree. Ovvero, il Sud al blocco americano, il Nord a quello sovietico. Tuttavia, le ultime provocazioni di Kim hanno indispettito non poco sia la Cina che il Cremlino, che hanno votato a favore della sanzioni a Pyongyang in Consiglio di Sicurezza Onu.

USA - Se Obama ha provato a lavorare a braccetto con la Cina per "strangolare" economicamente il regime di Kim a suon di sanzioni, con Trump qualcosa è cambiato. Il nuovo leader Usa crede, e lo ha detto a più riprese, che Pechino non stia facendo abbastanza, e si è detto più volte pronto ad agire preventivamente e unilateralmente. Per di più, Pyongyang sta facendo passi avanti e ora sarebbe in grado di miniaturizzare una testata nucleare e montarla su uno dei suoi missili balistici a lunga gittata in grado di raggiungere le Hawaii, l'Alaska e addirittura la West Coast degli Stati Uniti. Una cosa inaccettabile per gli States: tuttavia a Trump non conviene una guerra. Se è vero che potrebbe spazzar via il regime di Kim in quattro e quattr'otto, inasprirebbe ulteriormente i rapporti con Cina e Russia e, soprattutto, scatenerebbe la reazione di Kim, che prenderebbe di mira i "cugini" di Seul e anche il Giappone, con effetti devastanti e inevitabili perdite di vite umane.

GLI OBIETTIVI DI KIM - La nazione più vulnerabile è ovviamente la Corea del Sud, verso cui sono puntati i missili a corto raggio di Pyongyang, pieni di armi chimiche e batteriologiche. Sono sempre più frequenti infatti le esercitazioni militari di Washington e Seul al confine tra le due Coree, per simulare attacchi e azioni di guerra. Poi c'è il Giappone, più volte sorvolato dai missili di Kim: Tokyo ha già pronto un piano di evacuazione per i suoi cittadini in caso di guerra. E c'è la base statunitense di Guam, che Kim è tornato a minacciare proprio nei giorni scorsi, oltre alla costa Ovest degli Usa, che potrebbe essere raggiunta dai missili a lunga gittata. Tuttavia, se è vero che a nessuno conviene scatenare una guerra di tali proprorzioni fra potenze nucleari, non conviene soprattutto a Pyongyang, il cui regime sarebbe spazzato via in poco tempo. Il leader nordcoreano, a capo di una nazione fiaccata da decenni di sanzioni ma ancora in piedi, teme di fare la fine di Saddam Hussein e Gheddafi, per questo mostra al mondo i muscoli e il suo arsenale nucleare. Per mettere sull'attenti il mondo e il suo nemico numero uno, l'America. Insomma, come dire: "Non ci attaccate altrimenti scateniamo l'inferno".

Davide Lombardi

© Riproduzione riservata