Nella provincia di Barcellona, che ha condizioni ambientali simili a quelle della Sardegna, hanno risolto il problema con un sistema ibrido: due potabilizzatori (a Llobregat e Ter) e due dissalatori (a Llobregat e Tordera). Così sia i 5 milioni e mezzo di abitanti che gli oltre otto milioni di turisti che visitano la zona ogni anno non si accorgono degli effetti della siccità che in Spagna sono drammatici come in Sardegna, visto che gran parte degli invasi sono sotto la soglia del 40% di capacità.

Questione di pianificazione. In Sardegna, dove oggi alcuni invasi del Nord e del Sulcis sono vuoti, si sono sempre gestite le emergenze. Lì hanno governato un problema storico e lo hanno risolto. Come in Israele dove quattro impianti di desalinazione garantiscono il 40% dell'approvvigionamento nazionale.

L'ESPERIENZA FALLITA - Vero è che ai dissalatori la Regione pensò nel '90, in una delle tante estati con i bacini a secco. Trovò i finanziamenti e ne costruì tre in quattro mesi a Villasimius, La Maddalena e Carloforte. Sembrava la svolta. Invece fu un flop. I primi due vennero utilizzati solo per due anni. Il terzo, quello di Carloforte, non entrò mai in funzione. Le ragioni? Prima si accorsero che per farli funzionare servivano grandi gruppi elettrogeni che comportavano un costo energetico enorme; poi si resero conto che le norme ambientali non consentivano di riversare in mare il sale scartato durante il processo di lavorazione; infine scoprirono che il costo dei filtri, da sostituire frequentemente al modico prezzo di 200 milioni a pezzo, non era sostenibile.

Oggi è cambiato molto e i costi della dissalazione sono calati tanto che in molti comuni, ma anche in molte strutture private - in particolare industrie, aziende vitivinicole, hotel e villaggi turistici - si è pensato alla dissalazione per non dover dipendere dalla clemenza del tempo e dare un servizio costante ai propri clienti.

I COSTI - Calati quanto? "Mediamente per dissalatori a osmosi inversa l'utente finale paga 1,50 euro a metro cubo per l'acqua salata, cioè quella di mare, e poco più della metà per quella salmastra, quella dei pozzi", spiega Stefano Mulas, amministratore unico di Acqua technology e rappresentante per la Sardegna della Culligan, l'azienda che realizzò i tre dissalatori sardi. La sua azienda costruisce circa dieci impianti all'anno che possono fornire "sino a 400 metri cubi al giorno, più o meno il fabbisogno di 2400 persone, il cui costo di costruzione varia tra 800 e 1.000 euro a metro cubo". E i costi di energia e manutenzione, un tempo considerati abnormi? "Tutto compreso nell'euro e cinquanta", aggiunge Mulas. Quanto alla qualità dell'acqua, secondo l'imprenditore è "ottima e soprattutto costante, sempre che si faccia correttamente la manutenzione".

LE VARIABILI - Il costo dell'acqua a metro cubo varia a seconda delle dimensioni dell'impianto: un dissalatore finanziato con fondi pubblici, sul quale non devono essere caricati costi di ammortamento, "costa 70 centesimi a metro cubo", spiega Luigi Patìmo, country manager di Acciona Agua, una delle aziende internazionali leader di mercato e affiliata a Utilitalia, la Federazione che riunisce le aziende che operano nel settore. "Nel caso in cui per costruire l'impianto si ricorra al project financing, cioè lo finanzia chi fornisce l'acqua, mediamente si spendono 30 centesimi in più, cioè un euro al metro cubo. In ogni caso noi proponiamo sempre l'utilizzo dei dissalatori in sinergia con invasi e fiumi". Per fare un raffronto, le tariffe di Abbanoa variano - a seconda dell'utente (privato o impresa, famiglie numerose, seconde case eccetera) e dei consumi - da un minimo 0,47 a un massimo di 3,5 euro a metro cubo.

La conferma delle due tesi arriva dal prezzo dell'acqua prodotta in Israele nel mega impianto di Sorek, il più grande del mondo (627.000 metri cubi di acqua al giorno): 50 centesimi di euro al metro cubo.

I PERCHÉ DEL CALO - "Sono calati sia i costi energetici che quelli di realizzazione, manutenzione e gestione degli impianti", spiega Patìmo. "Un po' quello che è successo con il fotovoltaico: nel momento in cui la tecnologia è prodotta su larga scala, il costo è crollato. Anche quello delle membrane, sulle quali, giacché vengono importate dagli Usa, ha influito anche il favorevole cambio euro-dollaro".

LE CONTROINDICAZIONI - Non tutti sono concordi sull'economicità della risorsa proveniente da dissalazione. Un'analisi dei costi e sull'impatto ambientale dei dissalatori realizzata negli anni scorsi da un gruppo di ingegneri chimici cagliaritani - Gabriele Calì, Elisabetta Fois, Antonio Lallai e Giampaolo Mura - ha messo in evidenza una serie di criticità. Le più importanti delle quali riguardano la qualità dell'acqua, che sarebbe inferiore a quella fornita dal gestore idrico, e il costo finale, che sarebbe compreso tra 1,5 e due euro a metro cubo. Non solo: secondo lo studio, utilizzare sistemi ibridi (acqua da invasi e fiumi e da impianti di dissalazione) non sarebbe conveniente "né in termini gestionali né in termini economici" perché essendo i dissalatori "impianti industriali" non possono "essere considerati come impianti ausiliari, da utilizzare quando la disponibilità dell'acqua è bassa e da fermare quando le riserve idriche sono sufficienti".

USO CONTINUO - Una delle ragioni, a giudizio di Calì, Fois, Lallai e Mura, è che la formata di un impianto può compromettere in modo definitivo la vita delle membrane e influenzare il costo di produzione. Poi ci sono seri problemi di impatto ambientale per l'immissione dei residui in mare. In ogni caso, è la tesi dei quattro esperti non condivisa dai produttori degli impianti, se un impianto si dovesse fare, per essere conveniente deve essere grande: almeno 400 mila metri cubi al giorno.

Fabio Manca

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