"La casa mi è stata assegnata a dicembre, subito dopo ho avuto le chiavi, ma a metà trasloco il Comune di Arbus ha ripreso i lavori, di fatto impedendomi l'ingresso. Potrei ritrovarmi senza un tetto sopra la testa".

Antonella Diana e il compagno Giovanni Schirru, genitori di due ragazzine, è amareggiata e fatica a raccontare l'odissea per un alloggio a canone sociale. Una storia comune a quella di altre 46 famiglie. Per le prime otto in graduatoria, il problema si è risolto a febbraio, altrettante sono in lista di attesa.

IL RACCONTO - "Dopo tre anni di sofferenza abitativa - ricorda Diana - a dicembre il sogno di poter avere un appartamento sembrava finalmente realtà. Il Comune mi ha consegnato una casa in via Verdi, con la promessa che nei primi mesi dell'anno avrei potuto traslocare. Siamo a fine agosto e di nuovo c'è solo il muro di recinzione abbattuto dagli operai. Cumuli di pietre davanti al cancello. Continuo a pagare 350 euro al mese e, da un momento all'altro, potrei essere costretta a sloggiare, anche perché ho disdetto il contratto di affitto".

Non se la passa certo bene, e con lei il compagno disoccupato e le due ragazzine. Il rischio è di trovarsi in mezzo alla strada.

"Ho cercato - aggiunge lui - di accorciare i tempi della burocrazia per avere la casa il prima possibile. L'ho fatto per le bambine. Hanno diritto di vivere serenamente e in uno luogo accogliente. Abbiamo anche versato 100 euro all'Agenzia delle entrate per la verifica dei requisiti".

I tempi si sono dilatati: da gennaio ad agosto.

Le case a canone sociale sono pochissime rispetto alle richieste e quelle belle e pronte, con qualche lavoretto da ultimare nei cortili, non vengono consegnate.

In tutto 16 alloggi, in 5 palazzine, vecchi edifici comunali, di privati e della chiesa.

Un progetto di circa due milioni, finanziato dalla Regione.

IL SINDACO - "L'impegno di consegnare le case è stato rispettato", spiega Antonello Ecca. "Vuote ne restano 5, ma 3 sono state assegnate. A settembre tutti avranno le chiavi in mano. Capisco il disagio della signora Diana, ma la casa in via Verdi è stata una sua scelta. Motivata da problemi familiari. Le avevo proposto un immobile in periferia. In centro storico si sa, le regole edilizie sono severe".
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