Hanno provato a trasformare un problema in una risorsa, ma il progetto si è arenato nel giro di poco tempo. E così tutte quelle palline di mare, formate dal disfacimento della posidonia, sono rimaste lì, sulla lunghissima spiaggia di Arborea.

Il progetto era geniale, innovativo, accolto con entusiasmo sia dalla precedente amministrazione che dall'attuale sindaco Manuela Pintus, biologa e da sempre sensibile ai problemi dell'ambiente. L'idea avrebbe potuto risolvere, almeno in parte, l'invasione sistematica di posidonia sul litorale di sua competenza. Un problema sentito da tutti i comuni della costa occidentale dell'Isola e soprattutto da turisti e bagnanti. Ma la normativa è chiara, i residui della pianta marina non si possono rimuovere se non seguendo precise regole, spesso diverse da comune a comune.

LA STORIA - "Nel marzo del 2014 la ditta Edilana di Guspini aveva inoltrato al Comune di Arborea richiesta di prelievo di surplus di egagropili, le caratteristiche palline feltrose, formate dai residui fibrosi della pianta marina, di cui le nostre spiagge sono ricoperte", racconta Manuela Pintus.

In pratica l'azienda di Daniela Ducato, la famosa imprenditrice che dagli scarti di lana di pecora crea materiali isolanti ecocompatibili, stava lavorando al progetto per la realizzazione di una fibra ottenuta dalle eccedenze di posidonia. "Un'idea che ha trovato le porte spalancate ad Arborea - continua la Pintus - e aveva ottenuto l'autorizzazione dagli organi competenti. Nel novembre 2014, era arrivato il via libera all'utilizzo di 200 metri cubi di egagropili da raccogliere manualmente, per la produzione di materiali per la bioedilizia e il design".

PROGETTO CONGELATO - Lo scorso mese di giugno Manuela Pintus ha quindi inviato alla Essedi (partner di Edilana) una richiesta di informazioni sull'andamento del progetto e sull'eventualità di prelevare altro materiale. "Mi hanno risposto che la sperimentazione ha fornito risultati positivi ma che le condizioni operative per dare avvio a produzioni sostenibili non sono sufficienti per diversi motivi: i problemi legati al prelievo, le tante incertezze sulle norme che lo regolano e l'impossibilità di programmare i quantitativi utilizzabili. La continuità delle produzioni deve essere garantita per poter immettere un prodotto nel mercato".
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