Doveva essere un giorno speciale per Sestu oggi, e così è stato. Un giorno per fermarsi e rivolgere cuore e pensieri a Emanuela Loi, uccisa dalla Mafia a Palermo insieme a quattro suoi colleghi dal tritolo che imbottiva la Fiat 126 parcheggiata sotto la casa di Paolo Borsellino ed esploso esattamente 25 anni fa, il 19 luglio 1992. Un episodio dolorosissimo per la storia italiana – avvenuto dopo l’assassinio, a Capaci, di un altro giudice scomodo per Cosa Nostra, Giovanni Falcone - e per la comunità di Sestu, che non ha mai dimenticato la sua Emanuela, e mai lo farà.

"C’era tantissima gente, tantissima", racconta Roberto Lindiri, sardo di Iglesias, ex agente di polizia incaricato dalla Questura del capoluogo siciliano di depositare un cuscino di fiori sulla tomba della Loi. Perché a Palermo Lindiri ha trascorsi diversi mesi, culminati nell’incarico di tutela personale del giudice Falcone e nell’aver sventato il primo attentato alla villa dell’Addaura, che il magistrato affittava per il periodo estivo. “Un cuscino di fiori in omaggio a una grande persona, con scritto semplicemente ‘Gli amici della Questura di Palermo’, in suo onore".

Con quale sentimento ha affrontato questo compito?

"Ho provato una forte emozione, un sentimento di grande rabbia e un pensiero che correva nella mia mente e che pensava agli autori della strage, uomini miserabili".

Come si è sentito quando le hanno comunicato da Palermo che volevano lei per rappresentarli alla commemorazione?

"Ho provato un immenso orgoglio, perché vuol dire che un ricordo bello a Palermo l’ho lasciato. Sono rimasto in città fino al 24 giugno 1989, tre giorni dopo lo sventato attentato a Falcone, quando con altri colleghi abbiamo trovato sulla spiaggia il famoso borsone con all’interno 24 chili di gelatina. Tra l’altro proveniente da Domusnovas. Ricordo di essermi avvicinato e di aver aperto di un centimetro la borsa, quanto bastava per vedere i fili e dire ai colleghi 'Questa è una bomba'".

Il cuscino di fiori
Il cuscino di fiori
Il cuscino di fiori

Quando è arrivato in Sicilia?

"Ho finito il corso ad Alessandria nel 1987, avevo 23 anni, e sono stato mandato a Palermo nonostante avessi chiesto come destinazione Cagliari. In Sicilia ho cambiato spesso mansione, fino a che non sono entrato nella squadra scorte dopo un altro corso di specializzazione fatto ad Abbasanta".

Era quello che avrebbe voluto fare?

"Io desideravo entrare nella Squadra mobile, ma poi è andata così. Era però un lavoro che mi piaceva molto, anche se sapevi quando attaccavi ma non quando si rientrava".

Cosa le piaceva di più?

"Il fatto di lavorare per una persona onesta".

Che aria si respirava?

"È stato comunque un periodo bruttissimo per la città, c'era un’aria pesantissima. Falcone era molto impegnato, molti interrogatori, molti pentiti".

All’epoca di Capaci lei era già tornato in Sardegna. Cosa ha fatto quando ha appreso la notizia?

"Ero di servizio a Cagliari, e ricordo di essere andato a casa. Non ce l’avrei fatta a continuare il turno. Ero troppo sconvolto".

Nel 1999 è stato protagonista, suo malgrado, di un episodio che le ha cambiato la vita.

"Sì, la rapina alla filiale della Banca di Sassari, a Cagliari, il 6 settembre 1999, dove sono rimasto ferito all’addome da un colpo di pistola, insieme a un mio collega, Angelo D’agostino. Da quel giorno nulla è stato più lo stesso".

Cosa le rimarrà di una giornata come quella di oggi?

"Il piacere di aver assistito a una commemorazione in cui era presente il questore di Cagliari, che ho conosciuto quando era capo di gabinetto. Poi aver rivisto un collega, Damiano Cinus, all’ufficio scorte a Palermo nello stesso periodo in cui io ero in Sicilia. Per non dire delle parole del sindaco, che mi hanno commosso: Sestu non dimenticherà Emanuela Loi, E io mi sento di dire: 'Onore a lei e a tutti i caduti'".

Sestu ricorda Emanuela Loi, l'agente uccisa nella strage di via D'Amelio
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Una corona di fiori
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Un momento della commemorazione
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Le autorità
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Uno striscione per Emanuela e le altre vittime della strage
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I resti della Loi
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