Donna, mamma, imprenditrice. Artigiana, per la precisione. Molti giovani sardi, dopo aver cercato invano la loro strada decidono di mollare tutto ed emigrare. Angela Sanna, 32enne di Villamassargia, ha deciso invece di restare.

"Anch'io - racconta a L’Unione Sarda - ho pensato di andarmene. Solo che avevo, e ho, una grande passione, che ho deciso di coltivare qui, nella mia terra. E di farne un lavoro".

Angela è un orafa, specializzata nella realizzazione di gioielli della tradizione sarda. Un'arte antica, che va scomparendo.

Come è nata questa passione?

"Quasi per caso. Fin da piccola mi hanno sempre affascinato le attività manuali della nostra tradizione: il cucito e il ricamo. E allo stesso tempo mi sono sempre piaciuti i monili e i gioielli".

Com'è arrivata a decidere di fare dell'oreficeria la sua professione?

"Ho accantonato l’università per lavorare, anche perché ho avuto una bambina. Ho fatto la parrucchiera, l'impiegata, la segretaria. Ma non mi sentivo realizzata. A un certo punto ho pensato di partire. Poi mi sono detta: perché non provare a fare quello che ho sempre desiderato?".

È stata dura iniziare?

"Molto. L'oreficeria sarda è una sorta di casta chiusa. Ottenere un apprendistato è molto difficile e i grandi maestri sono restii a insegnare i loro segreti. Oltretutto sono quasi tutti uomini, quindi per noi donne è ancora più dura. E non parliamo dei costi…".

Quindi?

"Quindi ho iniziato in maniera fai-da-te, con il semplice assemblaggio di componenti, usando i metalli più poveri, senza fusione. Volevo però fare il salto di qualità, lavorare l'oro e l'argento, apprendere tutte le tecniche, anche quelle più difficili e rischiose, visto che devi imparare a padroneggiare fuoco e gas. Allora ho deciso di pagare per avere lezioni. Dopodiché ho chiesto un finanziamento e, grazie al microcredito, mi sono comprata gli strumenti del mestiere. E pochi mesi fa ho aperto il mio laboratorio a Cagliari. Sacrifici che spero un giorno possano essere ripagati".

Da chi ha imparato il mestiere?

"Il mio maestro è stato Giuseppe Geraci, detto Bibi, uno dei migliori orafi cagliaritani".

Si riesce a campare di artigianato?

"Dico la verità: è difficile. Ma penso che se metti tutte le tue energie in qualcosa in cui credi, prima o poi riesci a decollare. Certo, non posso competere con i grandi maestri artigiani sardi. Però sono giovane e determinata e magari un giorno…".

Qual è la forza dell’oreficeria artigianale rispetto ai grandi marchi?

"I gioielli artigianali sono fatti rigorosamente a mano, con tecniche che hanno le loro radici in secoli di tradizione. Sono esclusivi e non fatti in serie. E non parliamo della qualità: non sa quante clienti vengono a portarmi i loro gioielli di marca a riparare dopo pochi mesi dall’acquisto".

Quale tecnica della tradizione ama di più?

"Io sono specializzata nella lavorazione della filigrana, d’oro e d’argento. E adoro creare le corbule, simbolo di fertilità".

Quando si pensa ai gioielli vengono in mente soprattutto l'oro e l'argento. C'è un materiale "povero" che invece dovrebbe essere riscoperto?

"Ce ne sono molti. Ad esempio il rame, che nei secoli passati era molto utilizzato per realizzare splendidi monili".

Chi sono i suoi clienti? Fidanzati e mariti a caccia del regalo d'anniversario?

"In realtà no (ride, ndr). Sono soprattutto donne di mezza età o ragazze, che mi chiedono di realizzare qualcosa di speciale, apposta per loro. In questo periodo ho molte richieste per la tipica fede sarda, che, fortunatamente, sta tornando di moda".

Cosa si aspetta dal futuro?

"Spero di affermarmi in questo campo, per dimostrare che anche una giovane donna può farcela, nonostante il predominio degli uomini, la burocrazia e le altre difficoltà che si incontrano quotidianamente. E poi…"

E poi?

"E poi voglio finire Scienze Politiche. Dopotutto, mi mancano solo quattro esami".
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