Saltato il banco dell'accordo per la legge elettorale, l'orizzonte del voto si sposta al 2018, alla scadenza naturale di governo e Parlamento.

Dopo il rocambolesco affossamento del "tedescum", su cui i principali partiti - Pd, Movimento 5 Stelle e Forza Italia - sembravano aver trovato la quadra, le parti hanno revocato la propria disponibilità a trattare ancora, rendendo ormai impossibile andare alle urne in autunno.

Unica possibilità, un decreto dell'Esecutivo, che "armonizzi" i testi fermi al Senato e alla Camera, secondo i dettami della Consulta.

Ma il leader del Pd Matteo Renzi, e non solo, ha già chiuso a questa eventualità.

Intanto, il clima è tornato allo scontro. Totale.

"Quando si stabilisce un patto e qualcuno ti fa una sorpresa vuol dire che voleva farlo fallire, quindi il patto è finito perché non li facciamo con chi non mantiene la parola", ha detto il deputato dem Emanuele Fiano, imputando ai grillini la colpa del naufragio della legge.

"Il sabotaggio lo ha fatto il Partito democratico", ribatte invece Luigi Di Maio per il M5S.

In tutto questo, esulta l'Ap di Angelino Alfano, che ha sempre sostenuto la necessità di "non avere fretta" per non ottenere leggi elettorali "pasticciate".

E anche se i seggi saranno allestiti nel 2018, già sono partite le grandi manovre per creare alleanze in vista delle urne.

Renzi ieri ha teso la mano all'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, per cercare di attrarre maggiori consensi a sinistra.

Pronta però la replica di Pisapia. Che avvisa: "Renzi faccia le primarie se vuole davvero la coalizione di centrosinistra. E poi vediamo chi vince".

(Redazione Online/l.f.)
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