Quando l'economia è spettacolo preoccupante e deludente le opinioni fioccano e sono categoriche: "Con il fallimento della globalizzazione è come se avessimo combattuto una terza guerra mondiale: ci sono stati meno morti ma le stesse conseguenze".

Giovane manager della finanza, uno di quegli uomini che gestisce patrimoni e muove capitali, scrittore e saggista, Guido Maria Brera è coautore con Edoardo Nesi - apprezzato autore di romanzi con uno dei quali ha vinto il premio Strega, alle spalle una esperienza parlamentare ma anche di industriale del tessile a Prato falciato dalla concorrenza cinese -, di un libro in cui fanno il punto sulla situazione economica italiana e no, e sul fallimento della globalizzazione.

Assieme, con spirito patriottico e sentimento critico si sono inoltrati in un mondo dove "Tutto è in frantumi e danza" (La nave di Teseo, 184 pp. 16) per capire la realtà, muovendosi fra i frammenti d'una situazione catastrofica analizzata con poca rassegnazione e parecchio pessimismo.

"Lo scombussolamento è cominciato nel 2000 non solo con la globalizzazione - precisa Brera -, ma anche a causa delle banche sempre più orientate verso il debito; nel 2000 parte anche l'Euro, e comincia la diffusione su alta scala dei due welfare. Con la moneta unica sarebbe arrivata la globalizzazione: un concetto immenso, mai ben compreso, ma prometteva di regalare al mondo l'apertura degli scambi commerciali. La libertà e i soldi. Tutti questi elementi invece si sono rivelati regressivi: alla fine i tassi molto bassi hanno permesso a tutti di comprare una casa, ma poi la casa con la crisi la hanno levata a tutti. Non è stato solamente un discorso di globalizzazione infelice, ma anche di elementi imprevisti che cerchiamo di raccontare nel libro".

Quali sono stati i motivi del fallimento? Erano prevedibili?

Brera: "La globalizzazione è stata un fallimento per la classe media, per un gran pezzo dell'Occidente e la manifattura, mentre per altri - pochissimi - è stata una benedizione e una manna. Paesi come l'Italia e buona parte dell'Occidente alla fine hanno perso tanto e guadagnato pochissimo. La globalizzazione ha fallito perché era fatta male: i cinesi sono entrati nel mercato del lavoro senza una regolamentazione, inquinando e copiando senza rispetto del copyright, e senza nessun peso di tutti quei diritti che il Novecento aveva fatto affermare in tutto l'Occidente".

Nesi: "Purtroppo i motivi sono tanti. La ragione forte di tutto però è l'idea condivisa - ma sbagliatissima- che la globalizzazione fosse una panacea universale. Alla fine ha favorito solo i cinesi. Le cose si sono svolte come se in una partita di calcio, ad un certo punto i giocatori possano anche usare le mani e bastonare gli uomini della squadra avversaria senza che gli venga fischiato fallo. In teoria la globalizzazione avrebbe dovuto favorire soprattutto noi occidentale a sfruttare ancora una volta quei paesi lontani e tecnicamente inferiori per quanto riguardava l'aspetto inventivo e produttivo. Ma nessuno aveva capito niente, nemmeno i dissidenti di Seattle che protestavano contro i paesi occidentali egoisti e malvagi che avrebbero ancora una volta fatto un solo boccone dei paesi in via di sviluppo".

C'è stato un tempo in cui l'economia italiana volava e il bilancio sprofondava. Oggi, il debito pubblico è un peso morto che impedisce la ripresa?

Brera."Il deficit è un freno importantissimo perché il debito non ci consente di espanderci: è un peso-fardello al quale si dovrà trovare una soluzione altrimenti ci sarà sempre una morte lenta, inesorabile. Ma la situazione è abbastanza difficile e non si risolve con degli slogan".

Per qualcuno l'Italia è in uno stato comatoso.

Nesi. "Il problema è diventato ormai troppo grande, è come se fosse sopra di noi come una cappa nera o un muro di ghiaccio e ci spinge perché in questo momento non abbiamo alcuna possibilità di cambiare le regole del gioco. Anzi, dobbiamo sostenere ogni giorno gli attacchi contro i nostri prodotti dalla concorrenza sleale di prodotti similari molto peggiori ma molto più a buon mercato, realizzati in Cina e in altri paesi del sud est asiatico. Finché questo meccanismo continua indisturbato, noi non avremo altra possibilità che soffrire".

Brera. "Io la vedo da un lato in ripresa, dall'altro lacerata, e questo mi preoccupa molto. Bisogna fare qualcosa, ma prima dobbiamo capire la malattia, perché solo se si comprende il male poi si potrà arrivare a un'ipotesi di cura".

Che tipo di capitalismo potrebbe svilupparsi da questa situazione?

Brera. "Il capitalismo per sua natura è vorace, aggressivo e non si può cambiarlo. Però se si riesce a regolamentarlo, non con regoline locali all'Azzeccagarbugli, ma con poche cose uguali per tutti, potrebbero esserci dei risultati. Ma soprattutto il capitalismo deve porsi in parallelo alla politica. Finora la politica è stata dietro. Non è stata in grado di mettere delle regole valide per tutti e così abbiamo perso un'occasione storica".

Nesi, quale avrebbe dovuto essere il ruolo della finanza?

"La missione della finanza era fornire energia e sostanza a chi nell'economia doveva portare avanti una sorta di progresso. Oggi la finanza si è arrotolata su se stessa, anche perché riesce a guadagnare sui debiti degli Stati. Ormai gli speculatori, non fanno che scommettere sulla possibilità di fallimento di uno Stato sovrano".

Francesco Mannoni

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