Gli ami penzolano dal bordo della cesta: il palamito da orate è pronto. Dal mare arriva una brezza leggera di libeccio.

Luigi dà un'occhiata alle poche nuvole che si muovono pigre in cielo: "Tiene, si può uscire". Accende il 18 cavalli di 'Giulia', un gozzo in legno di neppure cinque metri.

"Pronti a partire, molla gli ormeggi", dice ad Angelo che si trova a prua. "Giulia" si stacca dal pontile, arretra di qualche metro quindi punta la prua verso l'uscita dal porto.

Calasetta, metà maggio: cronaca di una normale giornata di lavoro per una coppia di pescatori. Ordinaria amministrazione se non fosse per la composizione dell'equipaggio.

Luigi, età?

"Novantaquattro anni".

Angelo?

"Novantadue".

Cent'ottantasei anni in due. E "Giulia" non è da meno visto che di primavere ne conta 81.

Luigi e Angelo sono fratelli. Di cognome fanno Scopelliti ma a Calasetta sono Bulasotti . Tra le case bianche del paese che vanta origini piemontesi tutti hanno un soprannome. Luigi e Angelo hanno ereditato quello della loro madre, Bulassa , ovvero: donna bella e prosperosa. Lì non desta meraviglia che due ultranovantenni prendano il mare quasi ogni giorno per calare le reti. Il paese vanta un palmares di pescatori vegliardi che è quasi da record. "Per forza, è come se fossimo nati in barca".

Gli inizi?

Luigi se li ricorda bene: "A nove anni ero già imbarcato: 150 lire al mese più i soldi per il cinema la domenica". Angelo lo ha seguito due anni dopo: "Ne avevo dieci".

Non avete più smesso?

L. "Quella era la strada. A dodici anni Giulio Balia, diventerà poi mio compare, mi aveva costruito 'Giulia' per 200 lire. Allora i motori erano un lusso, si viaggiava a remi, tutt'al più a vela latina".

E Angelo?

"Pescatore fino a trent'anni, quando mi trasferii a Genova con le mansioni di barcaiolo nel porto. Da pensionato sono tornato a Calasetta e ho ripreso a fare il pescatore".

I vostri destini tornano a incrociarsi.

L. "A novant'anni. i miei figli hanno deciso che ero troppo anziano per andare solo in barca, così ho chiamato mio fratello e abbiamo incominciato a uscire insieme".

In casa erano più tranquilli?

A. "Macché, anche perché nel frattempo io ho avuto problemi a un ginocchio. Sono finito agli arresti domiciliari, ho dovuto vendere la barca e mi hanno tolto reti e nasse".

Rimane sempre Luigi.

L. "Anche io sono stato diffidato. Prima bastava che mi accompagnasse Angelo, ora devo imbarcare anche mio nipote Salvatore, non sono agli arresti, ma un vigilato speciale".

Che ogni tanto evade…

"Appena posso fuggo in campagna a zappare la vigna, anche se, poi, vengono a recuperarmi".

"Giulia" dondola dolcemente evocando ricordi lontani.

L. "Erano altri tempi, c'era rispetto per il mare. Si alternavano i sistemi di pesca seguendo le stagioni. Ogni due mesi si cambiava. C'era la stagione delle reti per le sardine, quella delle nasse per le aragoste, l'altra con i palamiti per orate e spigole. Il mare veniva rispettato e si pescava".

Stagioni epiche.

L. "Quando si calavano le reti per le sardine si riempiva letteralmente la barca fino all'orlo e nella stagione delle aragoste con le nasse riuscivamo a catturarne anche 40 chili per volta. Ci trasferivamo nell'Oristanese e le vendevamo ai francesi che arrivavano a prelevarle con un bastimento a vela".

Oggi?

A. "Si stanno mangiando anche l'erba".

È cambiato il mondo. Sono arrivati i motori sempre più potenti e veloci, le reti non si salpano più a mano, i gps cartografici indicano la rotta mentre ecoscandagli sofisticati scrutano i fondali localizzando anche i pesci.

A parte il motore entrobordo, però, Luigi e Angelo non hanno ceduto alla modernità. Per orientarsi ricorrono ancora alle "armie", i punti di riferimento sulla costa, leggono il tempo con uno sguardo al cielo, conoscono i fondali come le loro tasche e sanno dove calare reti e palamiti che continuano a manovrare a mano.

Quanto ai pesci?

L. "Qualcosa continuiamo a prenderla, ma se dovessimo vivere di pesca moriremmo di fame".

Per Luigi e Angelo, però, la pesca è diventata un pretesto per salire in barca, affacciarsi oltre i contrafforti del porto per assaporare quella sensazione di libertà che è capace di dare il mare aperto.

Inoltre perpetuano la tradizione del paese dove si continuano a raccontare incredibili storie di vecchi e il mare. Come quella di Bastiano Mercenaro, noto "Pabassa" che, ultranovantenne e quasi completamente cieco continuava a uscire a pesca a remi con il suo "canotto" di neppure quattro metri con reti e palamiti. "E cosa ci sarebbe di strano?", Luigi smonta subito la storia. "Conosceva i venti, capiva da dove venivano le onde e si orientava di conseguenza. Non poteva perdersi". Per chi è nato in barca un gioco da ragazzi, anzi da ultranovantenni.

Sandro Mantega

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