"Meli aveva promesso di risolvere le questioni aperte con la Fondazione. Non l'ha fatto commettendo un errore gravissimo".

Claudio Orazi distilla parola per parola nell'ufficio inondato dal sole del pomeriggio.

Diciotto mesi fa è stato nominato sovrintendente per rimettere assieme i cocci del Teatro lirico e ha scelto il suo predecessore come direttore artistico: "Si era impegnato, con una lettera al Consiglio, a fare un passo indietro".

Oggi la Fondazione Teatro lirico è uscita dal tunnel di inchieste giudiziarie, scontri interni, accuse e sospetti.

Ha 233 dipendenti, ventun milioni di finanziamenti pubblici nel 2017, un paio li incassa dalla biglietteria, ottomila abbonati tra stagioni d'Opera e concertistica: "Quando mi sono insediato non c'era neppure la programmazione per l'immediato. Ora il Teatro cresce per quantità e qualità. Il bilancio consuntivo ha un utile di diecimila euro. La nuova politica di internazionalizzazione ci porterà a proporre tre nostre produzioni negli Stati Uniti: un ponte ideale con le opere di Da Ponte, Puccini e Respighi. Poi Brasile nel 2019, invitati dal festival di Manaus. Ci sono trattative per una coproduzione con l'Opera di Bucarest; un'ipotesi di collaborazione con la Cina nel 2019 e col Giappone nel 2020".

Che situazione ha trovato a Cagliari?

"Un grande disordine organizzativo, la macchina che stentava a funzionare, grande sfiducia da parte dei lavoratori, un teatro spaccato in due. Sia dai lavoratori che dai consiglieri ho avuto una grande disponibilità. Così è ripartito il radicamento nella città e nel territorio".

I più esosi nel chiedere biglietti omaggio?

"Esistono solo gli inviti istituzionali, il resto è leggenda. I componenti del Consiglio d'indirizzo, per dire, pagano regolarmente l'abbonamento".

I giornalisti?

"Quelli che recensiscono gli spettacoli sono ovviamente ospiti".

Quando aprirà il piccolo teatro nel parco della musica?

"Entro il 2018. Abbiamo appena ottenuto il finanziamento regionale per completare i lavori. Tra un anno avremo 1640 posti nel teatro lirico, 320 nel piccolo teatro, 2200 nell'Arena Devinu, 800 nell'auditorium del Conservatorio, con cui abbiamo firmato un accordo. Circa 5000 posti più altrettanti con la Forte Arena, cioè diecimila nella città metropolitana".

Le pare giusto emigrare d'estate al Forte village per inseguire il turismo ricco?

"Mai avrei accettato che ci fossero prezzi inaccessibili per la Lirica, e infatti il Forte ha aderito all'Art bonus per promuovere l'Opera e tenere bassi i prezzi dei biglietti".

Riaprirebbe l'anfiteatro?

"Premesso che c'è una eccellente collaborazione con l'amministrazione, ho visto solo dall'alto lo stato dei lavori. Non conosco il progetto. Se ci fossero le condizioni tecniche, sarei favorevole. Lì devono essere portati in scena solo spettacoli che rispettino lo spazio, pensati per quel luogo, che vi dialoghino in maniera armonica".

L'Arena di Sant'Elia?

"L'ideale per grandi masse di pubblico".

Rapporto con i lavoratori?

"Buono. Mi sono avvicinato a questo mondo come lavoratore dello spettacolo, fondando una compagnia teatrale nel 1976, da minorenne. Credo di conoscere i problemi di chi opera in questo settore. L'importante è dare a tutti, sempre, contezza dello stato dell'arte: situazione economica, apporto dei soci, organizzazione del lavoro. Ovviamente questo permette di pretendere e chiedere altrettanto".

Ha incontrato il sindaco Zedda?

"Ci siamo visti un paio di volte. Ha delegato il presidente Scano, con cui ho un rapporto splendido".

Il Consiglio è composto da magistrati e politici: le decisioni importanti le prendono loro?

«Il Consiglio dà l'indirizzo economico-finanziario, il sovrintendente propone una programmazione che abbia il profilo della qualità artistica e una produzione economicamente sostenibile».

È arrivato a Cagliari con l'impegno di riportare Meli al Lirico.

"So che molti l'hanno pensato, lo pensano e in ogni intervista riesce la domanda. Se dopo diciotto mesi di lavoro mi si chiede ancora questo è doveroso chiarire una volta per tutte. C'è una delibera del Consiglio di indirizzo in cui si spiega dettagliatamente perché sono stato scelto e perché ho proposto Mauro Meli".

Perché?

"Per competenza artistica, perché conosce il teatro cagliaritano, infine perché era tra i tre nomi che il Consiglio ha vagliato per la scelta finale".

Si dice che le sia stato imposto in cambio della nomina a sovrintendente.

"Il fatto che Meli fosse nella terna finale mi spinse a proporgli l'incarico autonomamente. Mi spiegò che c'erano alcune questioni aperte con il Teatro ma si disse disponibile a risolverle. In particolare due querele contro il consigliere Mario Marchetti e il sindaco Zedda. L'impegno lo prese con me e lo mise per iscritto: la lettera è protocollata".

Lei come si comportò?

"Riferii al Consiglio d'indirizzo con la convinzione che sarebbe stato un passo importante per svelenire il clima e pormi come garante. Poi le querele sono state archiviate. Ho detto al maestro Meli quanto il suo fosse stato un errore gravissimo, quanto mi ponesse nella condizione di prendere le distanze, anche se rispondo solo della trasparenza dei miei intenti e degli obiettivi della mia gestione".

I vostri rapporti oggi?

"È il direttore artistico, io il sovrintendente che gestisce la Fondazione Teatro lirico. Distinguo tra il piano personale e quello formale. So che tutto quello che ho fatto, anche la sua nomina, è per il bene del teatro e credo di poter dire di essere riuscito a sanare tutte le situazioni pregresse. Sul piano personale sono rimasto male perché ci ho messo la faccia".

Era a conoscenza del ricorso di Meli al Tar contro la nomina di Spocci?

"Né io, né - credo - il Consiglio, anche perché probabilmente questo sarebbe stato un ostacolo alla firma del contratto".

Il direttore artistico deve restituire centomila euro al teatro.

"Della questione si occupa l'avvocatura dello Stato che difende la Fondazione. I dettagli li definiremo con Meli".

Chi conta a Cagliari?

"Il sindaco. Spero di poterlo incontrare al più presto per illustrargli la mia idea artistica sulla città metropolitana".

Oltre Zedda?

"La classe politica".

Quanto guadagna?

"Centotrentamila euro lordi, con la possibilità di un premio di altri trentamila. Uno degli stipendi più bassi d'Italia".

Finanziamenti dei privati?

"Vorrei incontrare le associazioni di categoria per capire se da lì possano venire nuovi soci e vorrei coinvolgere tutta la Sardegna. Basterebbero poche migliaia di euro per aiutare questa grande industria culturale".

Paolo Paolini
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