Gli sguardi della paziente e dell'infermiera fissavano l'obiettivo del cellulare, tenuto in mano da chi indossava il camice verde.

Un momento di serenità, forse, dopo un intervento eseguito al Santissima Trinità. Ma la successiva pubblicazione di quell'immagine su Facebook aveva portato quello scatto all'attenzione generale. Centinaia di persone avevano visto la ragazza, le sue condizioni e la stanza nella quale era ricoverata.

Una parente della giovane aveva protestato, e allora i dirigenti del presidio sanitario (fino a quel momento all'oscuro) avevano reagito. Terminato il contratto, il rapporto tra l'ospedale e l'incauta fotografa non era stato prorogato.

Nessuna denuncia né alcun procedimento penale però: la diretta interessata non aveva battuto ciglio e chi aveva sollevato il problema non era andata oltre le lamentele. Senza querela diparte, non si poteva procedere.

IL MINISTERO - La vicenda e il suo sviluppo sono indicativi di quanto sia semplice superare il sottile confine tra il rispetto della privacy delle persone e la semplice volontà, magari, di rendere meno difficile una degenza.

E spiega bene anche perché, dopo alcuni episodi più eclatanti a livello nazionale, il 29 marzo il ministero della Salute abbia deciso di inviare una circolare alla Federazione degli ordini dei medici, al collegio degli infermieri e ai rappresentanti di ostetriche e tecnici di radiologia chiarendo che foto o selfie scattati sul luogo di lavoro e poi postati sui social network possono diventare una giusta causa di licenziamento.

Basta con gli scatti in sala operatoria, davanti alle barelle e ai pazienti, stop alle immagini che riprendono addominali (il recente caso del medico specializzando in ortopedia a Bari, che ha spinto il ministero a mandare la nota) e a volte anche gestacci.

Fino al caso, a gennaio, di alcuni camici bianchi che a Perugia si sono ritratti con un uomo appena operato (e morto dopo alcuni giorni).

"Per un medico che ha prestato giuramento professionale è inaudito realizzare simili comportamenti", il commento di Roberta Chersevani, presidentessa della Federazione nazionale degli ordini dei medici, nel comunicato con cui ha richiamato la categoria al rispetto della deontologia.

Pochi giorni fa era stato lo stesso ministero della Salute a diramare una circolare "anti-selfie" per contrastare il fenomeno.

Andrea Manunza
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