"Da stasera entrerò in sciopero della fame e invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti".

Per la prima volta dal 9 aprile, giorno in cui è stato fermato dalla polizia turca in una zona al confine con la Siria, parla Gabriele Del Grande, giornalista e documentarista italiano, uno degli autori di "Io sto con la sposa".

"Sto bene, non mi è stato torto un capello ma hanno sequestrato il mio telefono e tutte le mie cose, sebbene non mi venga contestato nessun reato", è il racconto del giornalista.

"Sto parlando con quattro poliziotti che mi guardano e ascoltano. Mi hanno fermato al confine e dopo avermi trattenuto nel centro di identificazione e di espulsione (Cie) di Hatay, sono stato trasferito a Mugla, in un altro Cie, dove mi trovo in isolamento", spiega Del Grande.

Che lamenta: "I miei documenti sono in regola, ma non mi è permesso di nominare un avvocato, né mi è dato sapere quando finirà questo fermo".

Inizia dunque a diventare decisamente più preoccupante il fermo del giornalista, nonostante le rassicurazioni della Farnesina che, in una nota, ha espresso la sua posizione, confermando che, insieme all'ambasciata italiana ad Ankara, sta seguendo il caso da vicino ed è in continuo contatto con i familiari di Del Grande; inoltre "anche grazie all'azione di sensibilizzazione condotta dall'Italia fin dall'inizio della vicenda, il signor Del Grande ha potuto avere un colloquio telefonico con la famiglia". "Ma ciò ovviamente non basta - conclude la nota - in quanto la Farnesina chiede che Del Grande sia rimesso in libertà, nel pieno rispetto della legge".

Il giornalista è stato fermato, secondo le autorità turche, perché gli mancavano alcune autorizzazioni. Si parlava di espulsione in 24-48 ore. E invece sono trascorsi 9 giorni ed è ancora lì, in isolamento.

In un Paese, la Turchia, che dal fallito golpe dello scorso luglio ha arrestato decine e decine di giornalisti.

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