Contraffazioni dilaganti e un marchio d'eccellenza che figura solo sulle magliette dei calciatori del Cagliari: le associazioni di categoria denunciano che non esiste nessuna forma di protezione dei manufatti made in Sardegna. Non solo: quanti negozi hanno un'insegna con su scritto "artigianato artistico" e invece vendono, ad esempio, su coccu a pochi spiccioli, ovviamente non di ossidiana, come dovrebbe essere, ma di plastica?

INGANNI E FALSI - Qualche anno fa al Macef, il salone internazionale di Milano, c'era uno stand di un commerciante cinese che vendeva bottoni sardi (i "gioielli tradizionali" dell'Isola) a 1 euro, e con ogni probabilità - dicono gli addetti ai lavori - qualcuno nell'Isola glieli aveva ordinati e lui ne aveva prodotto un po' di più per proporli ai suoi clienti. Di recente la Cna ha scoperto che un artigiano sardo ha mandato il suo punzone all'estero, nella fabbrica del sud-est asiatico dove si fa produrre i pezzi. "Il punzone è il segno che identifica un orafo", spiega Peppino Mele, che fa anche parte della Consulta nazionale degli orafi. "Quando uno si iscrive al registro della Camera di commercio riceve questo strumento con cui marchiare i suoi manufatti, con un numero e la sigla della provincia. Per dire, la famosa azienda Unoaerre, è la prima di Arezzo. Ci sono colleghi che si fanno fare i gioielli in Vietnam a prezzi stracciati, i pezzi arrivano qui già punzonati, questi "artigiani" non si prendono più il disturbo nemmeno di toccarli, di firmarli . Una cosa gravissima".

L'APPELLO - Le associazioni di categoria chiedono - e lo fanno da un sacco di tempo - di creare e/o riattivare strumenti di tutela e controllo dei manufatti locali. "L'adozione del marchio unico, per il quale la Giunta Soru aveva speso oltre 800mila euro, è la sola strada percorribile", sottolinea la Cna, "invece tutte le Giunte che si sono succedute, di destra e sinistra, non sono state capaci di dare continuità a un'operazione già pronta". Anche Confartigianato denuncia l'assurdità di questa gestazione: "Era il 2008, avevamo fatto incontri su incontri e finalmente eravamo riusciti a scrivere un disciplinare che mettesse tutti d'accordo, il cavallino era stato pure depositato, poi si è fermato tutto", dice Stefano Mameli. "L'assessore Morandi lo ha ripreso e ha sponsorizzato il Cagliari calcio, ma dietro non c'è nulla, nessun artigiano lo usa".

IL CAVALLINO - Insomma, quel logo stilizzato è stato riesumato dal precedente assessore al turismo, commercio e artigianato dell'esecutivo Pigliaru per le maglie rossoblù. "E l'operazione sarebbe formidabile, i nostri calciatori portano in giro l'immagine e la scritta "Isola, artigianato di Sardegna" con orgoglio, è una cosa bellissima, peccato però che non esistono prodotti con quel marchio, non c'è nessun legame tra quel cavallino e un qualunque manufatto, nessun prodotto è certificato e garantito dal marchio Isola", spiega Mele. "Suggeriamo che questo logo, un vero patrimonio, venga invece realmente valorizzato, dopo essere stato riconosciuto ad aziende che rispondono a determinati requisiti, in modo da distinguere i nostri manufatti artistici dagli altri, venduti come sardi ma che di sardo non hanno nulla".

IL PROGETTO - La neo assessora, Barbara Argiolas, dice: "Al marchio bisognare dare corpo e sostanza, il Cagliari calcio è di fatto promotore di un progetto che è soltanto appena cominciato. Ma al di là del segno grafico, c'è pure uno scambio di manufatti (il regalo al capitano della squadra avversaria) e la scritta "artigianato di Sardegna" sulle maglie dei calciatori è comunque una bella pubblicità".

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