Due cuccioli gemevano accanto a lei, disperati. Non volevano abbandonarla. Era intrappolata in un laccio d'acciaio che le stringeva il torace.

Una femmina di cinghiale di circa 50 chili è stata salvata questa mattina, intorno alle 7, dalla squadra dei barracelli di Arzachena diretta dal capitano Albertino Mele.

Cercava di liberarsi, ma più si agitava, più i cavi d'acciaio posizionati dai bracconieri la stringevano.

Funziona così il terribile meccanismo, fino a far morire l'animale per gli stenti, i tagli profondi che lacerano il corpo e la fame. "Eravamo di ronda come tutte le mattine. Verifichiamo a turno diverse aree del territorio per tutelare l'ambiente e la fauna selvatica", racconta Mele. "Oggi abbiamo battuto la zona del Pevero dopo aver ricevuto delle segnalazioni di movimenti sospetti nelle campagne vicino al parcheggio, poco distante dalla strada che conduce a Porto Cervo. Una breve camminata tra i cespugli e abbiamo iniziato a sentire i lamenti. Poco dopo, l'animale intrappolato era di fronte a noi".

Non è stato facile salvare mamma cinghiale. "Era molto spaventata, siamo intervenuti in tre per tenerla ferma, riuscendo così a tagliare i cavi con le tronchesine", continua il capitano. "Appena riconquistata la libertà è corsa via insieme ai suoi piccoli".

I barracelli hanno sequestrato almeno altri dieci lacci nelle vicinanze. E non è la prima volta. Sono tutti accatastati nella sede in viale Costa Smeralda insieme a un altro centinaio recuperato negli ultimi anni.

La caccia al cinghiale è chiusa in questo periodo, ma i cacciatori di frodo tentano comunque di portare a casa delle prede.

Legano i lacci a un albero e ne appoggiano l'estremità a terra formando un cerchio. Quando l'animale passa, non ha scampo.

I cinghiali sono animali selvatici che popolano in gran numero le verdi colline della Costa Smeralda. Forse, procurando fastidi alle proprietà dei dintorni.

Potrebbe essere anche questo uno dei motivi che ha portato al crudele espediente. Per ora nessuna prova. "Purtroppo non siamo riusciti a individuare i responsabili", conclude Mele. "Bisogna appostarsi per ore, anche giorni e notti interi per attendere che qualcuno torni a recuperare le prede. Non abbiamo le risorse umane sufficienti per affrontare simili turni e coprire il vasto territorio di Arzachena".
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