Si è dimesso tra le polemiche il ministro degli Interni francese, Bruno Le Roux.

Il braccio destro del premier Bernard Cazeneuve è finito ieri nella bufera dopo una rivelazione del programma "Quotidien" che ha svelato un'inchiesta sul suo conto della procura finanziaria di Parigi.

Nel mirino degli inquirenti i contratti che Le Roux ha fatto firmare alle figlie come assistenti parlamentari dal 2009 al 2016.

In particolare sotto indagine è finito il primo periodo di assunzione, quando le ragazze erano ancora minorenni. I contratti duravano pochi giorni, ma fruttavano tra gli 850 e i 3500 euro al mese, per un totale di 55mila euro al mese.

Le adolescenti ricevevano incarichi anche mentre erano all'estero, e con borsa di studio.

Le Roux si è difeso dicendo che voleva accrescere l'esperienza delle figlie e che alcuni lavori potevano anche essere fatti a distanza. "Affermo la mia onestà e il mio attaccamento alla verità", ha detto, dimettendosi e lasciando il dicastero al socialista Matthias Fekl.

"Quando si è legati all'autorità dello Stato - ha commentato Cazeneuve - occorre essere impeccabili riguardo le istituzioni e le regole che le reggono".

La vicenda ricalca il Penelopegate, l'inchiesta che ha coinvolto François Fillon.

Una posizione, quella del candidato all'Eliseo, che si aggrava ulteriormente. Secondo "Le Monde", in una seconda perquisizione al Parlamento, sono stati trovati dei documenti in base a cui si sospetta che Fillon e la moglie Penelope potrebbero aver fabbricato false informazioni per giustificare gli stipendi della donna.

Così, rivela il quotidiano francese, l'inchiesta si sarebbe allargata alle accuse di truffa aggravata, falsificazione e uso di documenti falsi.

Fillon è indagato per appropriazione indebita di fondi pubblici per non aver dichiarato un prestito da 50mila euro ricevuto dall'imprenditore Marc Ladrei de Lacharrière.

C'è poi, sul candidato conservatore transalpino, una nuova (l'ennesima) rivelazione del settimanale satirico "Canard Enchainè", secondo cui Fillon avrebbe ricevuto 50mila dollari per organizzare, nel 2015, un incontro tra il presidente russo Vladimir Putin, un miliardario libanese e l'amministratore delegato di Total Patrick Pouyanné.
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