"Fini non poteva non sapere".

Questo è quanto riporta l'ordine di cattura firmato ieri dal gip di Roma Simonetta D'Alessandro nei confronti di Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta e cognato dell'ex presidente della Camera, accusato di riciclaggio.

Si aggrava anche la posizione dell'ex leader di Alleanza Nazionale - indagato per concorso in riciclaggio - dopo le dichiarazioni dell'ex parlamentare Amedeo Laboccetta, che ha raccontato di aver fatto conoscere il politico emiliano e Francesco Corallo, il "re delle slot", anch'egli coinvolto nell'inchiesta.

Secondo quanto si legge nel mandato, il pm considera "singolare che in un partito come An, dall'accentuata connotazione gerarchica, il segretario (Fini, ndr) ignorasse l'esistenza della vicende di un gruppo industriale che si preparava all'accesso a livello nazionale e all'esito di una gara bandita anni prima (e vinta da Corallo, ndr) da un governo di cui Fini stesso era parte, per il lucrosissimo settore del gioco legale".

Una ricostruzione rafforzata dalla testimonianza di Laboccetta, che recentemente ha "corretto" la sua versione dei fatti, retrodatando al 2002 (anno in cui venne approvata la legge sui giochi) la creazione della società di gioco da parte di personaggi molto vicini allo stesso Fini. I rapporti tra Corallo e Tulliani sarebbero invece successivi a quella data; a partire dal 2007-2008 poi - dicono i pm - la famiglia Tulliani era diventata centrale nella ricezione di ingentissime somme di denaro provenienti da Corallo.

Intanto, con una nota Fini ha fatto sapere di voler querelare Laboccetta per calunnia e di aver chiesto agli inquirenti di essere interrogato.
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