Alberto Dettori, il maresciallo originario di Pattada (Sassari) in servizio come radarista la notte della strage di Ustica, potrebbe non essersi suicidato.

Dietro la sua morte - il militare è stato trovato impiccato il 30 marzo 1987 nel Grossetano - potrebbe esserci un profondo legale con l'incidente al Dc-9 Itavia, decollato da Bologna per Palermo e caduto in mare tra Ustica e Ponza con a bordo 81 persone.

È la teoria alla base di un esposto presentato alla Procura di Grosseto da Antimafie Rita Atria, l'associazione che da tre anni sostiene i familiari di Dettori.

Il radarista era in servizio a Poggio Ballone (Grosseto) il 27 giugno 1980 e, tornato a casa, era apparso molto scosso: "Siamo stati noi - aveva detto in famiglia - Stava scoppiando la terza guerra mondiale".

Qualche giorno dopo, aveva contattato il capitano Mario Ciancarella, ufficiale in cui aveva una gran fiducia, e gli aveva raccontato: "Siamo stati noi a tirarlo giù", parlando del Dc-9, aggiungendo: "Ho paura".

Tre settimane più tardi, l'incidente sui monti della Sila, dove era stato ritrovato il Mig 23 libico, e una nuova telefonata era intercorsa fra Dettori e Ciancarella; il primo esprimeva dubbi su quanto accaduto e invitava il secondo a indagare sugli orari degli atterraggi dei jet militari.

Nuove testimonianze e nuovi elementi raccolti negli ultimi anni potrebbero ora dare una svolta al caso relativo alla morte di Dettori, avvenuta vicino al fiume Ombrone.
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