Il sospetto che nelle miniere di Orani ci siano delle pericolose tracce di amianto ha portato nei giorni scorsi la Procura della Repubblica di Nuoro ad iscrivere due persone nel registro degli indagati.

Si tratta di Giorgio Bozzola ed Emilio Fiorilli, entrambi dirigenti dell’impresa Maffei Sarda silicati Spa concessionaria delle estrazioni dal sito nel paese barbaricino. Così, in attesa degli esiti delle nuove rilevazioni effettuate dai tecnici dell’Arpas su materiali di diverso tipo presenti nel sito, la produzione e il trasporto del felelspato estratto rimane off limits. Nelle miniere a cielo aperto di “Ciarumannu” – a pochi chilometri dal centro abitato di Orani - infatti permangono ormai da prima dell’estate i sigilli della Procura che ritiene in attesa delle nuove analisi bloccare l’attività estrattiva.

Di fatto fermi da allora anche i circa trenta dipendenti dell’impresa. Proprio per questo nei giorni scorsi si sono intensificate le ispezioni dal parte dei carabinieri del Noe di Sassari e dei tecnici Arpas all'interno dello stabilimento e nell'area circostante per cercare riscontri alla sospetta presenza di amianto. Ovunque sono stati prelevati nuovi campioni. L'obiettivo è sgombrare il campo da ogni dubbio, anche perché l'amianto è sostanza con cui non si scherza. I sospetti sulla presenza di tremolite d’ amianto nella cava di fedelspato di Orani.

Il caso era esploso per la prima volta nella stazione di stoccaggio di Gallese, in provincia di Viterbo lo scorso anno quando tracce della sostanza pericolosa vennero riscontrate su parte del materiale arrivato dallo stabilimento barbaricino.

Le indagini aperte successivamente anche dalla Procura di Nuoro vogliono appurare se la sostanza individuata in passato sia solo un caso o occorra davvero preoccuparsi per la salute dei lavoratori e della popolazione. L'inchiesta non si ferma, dunque. Già nelle scorse settimane gli inquirenti avevano acquisito documenti nella sede della Maffei. Nei mesi scorsi la presenza di percentuali di tremolite d'amianto in due distinti campioni prelevati dall'Arpas aveva convinto ad approfondire un quadro ad oggi abbastanza nebuloso.

Il Tribunale del riesame a metà settembre aveva respinto la richiesta di dissequestro dell'azienda che chiedeva di riprendere la produzione. Rimangono ancora a casa i circa trenta dipendenti che lavoravano nel sito.
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