Il 10 aprile 1991, dopo lo scontro tra Moby Prince e Agip Abruzzo, fuori dal porto di Livorno, i primi soccorritori diedero la priorità alla petroliera e non ai passeggeri a bordo del traghetto diretto a Olbia.

A lanciare l'accusa, di fronte alla commissione d'inchiesta del Senato guidata dal parlamentare sardo Silvio Lai, è Gregorio De Falco, capitano di fregata divenuto famoso in tutto il mondo per il "Vada a bordo, cazzo!", gridato al telefono a Francesco Schettino, la notte del naufragio della Costa Concordia.

Secondo la versione fornita da De Falco, riportata oggi dal Corriere, dopo l'impatto tra le due imbarcazioni elicotteri e navi di soccorso, partiti da Livorno e da La Spezia, raggiunsero prima l'imbarcazione dell'Agip, tralasciando il Prince in fiamme con 141 persone a bordo (se ne salvò solo una).

"Se gli sforzi fossero stati organizzati con metodo per individuare il traghetto e non solo sull’Agip Abruzzo che ormai aveva l’equipaggio in salvo - dice De Falco - il Moby sarebbe stato individuato molto prima e dunque si sarebbe potuti intervenire molto più efficacemente".

Ancora, rispetto alla tesi che "salvare i passeggeri dal traghetto in fiamme era impossibile", De Falco rimarca: "l'equivalenza riassunta nello slogan 'dove non c’è una via di fuga non c’è neppure una via d’ingresso' è una grande sciocchezza. I passeggeri non avevano indumenti di protezione contro le fiamme, erano impauriti, mentre i soccorritori avrebbero potuto utilizzare respiratori, tute antincendio e crearsi una via di accesso per raggiungere gli eventuali superstiti".

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