«Entrate pure, sono dentro casa». Consapevole di andare incontro al suo destino, dopo aver ucciso a fucilate il compaesano con il quale aveva avuto mille diverbi, Gianluigi Zuddas ha pronunciato poche parole per far sapere ai carabinieri che era pronto a costituirsi.

Non avrebbe opposto nessuna resistenza. L'arma del delitto scaraventata da una parte, il corpo di Massimo Setti, la vittima, disteso a terra nel cortile dell'abitazione di Zuddas in via Tirso, quartiere semi-nuovo del paese.

LA TRAGEDIA È accusato di omicidio volontario il falegname 52enne di Siurgus Donigala che mercoledì sera, quindici minuti dopo le 20, ha esploso due fucilate contro Setti (39 anni) che era andato a cercarlo a casa sua, bastone in pugno e aria minacciosa, forse per intimorirlo o per dargliele di santa ragione dopo l'ennesima giornata trascorsa collezionando diverbi e dissapori.

LA TRATTATIVA I primi a intervenire sono stati i carabinieri di Mandas «piazzati in assetto in attesa dei rinforzi», ha spiegato il capitano della compagnia di Dolianova (competente sul territorio della Trexenta) Gabriele Porta che ricostruisce la tragica vicenda. È stato il maresciallo Roberto Perna, con grande coraggio e sensibilità, a instaurare un dialogo con l'uomo che nel frattempo si era chiuso in casa. «Entrate pure», le parole della resa. I carabinieri di Siurgus Donigala, della Compagnia di Dolianova e del Comando provinciale di Cagliari hanno lavorato tutta la notte per ricostruire dettagliatamente il delitto. Gianluigi Zuddas, difeso dall'avvocata Rita Murgia, dovrebbe essere interrogato oggi e dovrà spiegare al Gip le ragioni che lo hanno spinto a imbracciare il fucile e sparare. È rinchiuso in una cella del carcere di Uta e ieri pomeriggio ha ricevuto la visita del suo legale per studiare la linea difensiva. «Ancora è presto per dire qualcosa, dobbiamo aspettare», sono le uniche parole che si è lasciata sfuggire l'avvocata. Questa mattina il medico legale Roberto Demontis, su incarico del magistrato, effettuerà l'autopsia sul corpo della vittima.

L'ULTIMO SALUTO I funerali di Massimo Setti saranno celebrati domani pomeriggio dal parroco don Ignazio Agabbio che si trova in ritiro spirituale a Palermo. «La prima cosa che farò al mio rientro è andare dai familiari della vittima», avrebbe confidato il sacerdote ad alcuni parrocchiani.

UNA COMUNITÀ SCONVOLTA Dodici anni dopo l'ultimo fatto di sangue (un agricoltore aveva ucciso un suo compaesano dopo una serie di provocazioni) il paese del Lago Mulargia precipita di nuovo nell'incubo. L'omicidio dell'altra sera non ha nulla a che fare con la vecchia faida che negli anni Ottanta e Novanta aveva insanguinato le strade di Siurgus Donigala. Le motivazioni, ancora tutte da scoprire, sono da inquadrare all'interno di una lunga storia di litigi e screzi nati per futili motivi che però ha coinvolto anche le famiglie dei due. Dissapori che con il tempo si sono trasformati in rancore, sino al tragico epilogo di mercoledì. «Il paese è distrutto: non ce lo aspettavamo», dice il vicesindaco Tullio Boi, che conosceva bene sia la vittima che l'uomo in carcere accusato di omicidio perché entrambi, in passato, avevano lavorato nei cantieri comunali. «Si vocifera di piccoli screzi, ma era impossibile immaginare che dai diverbi si potesse arrivare a un fatto così tragico capace di distruggere due famiglie», conclude Boi. Poche decine i metri di distanza tra le abitazioni dei due: quella di Zuddas in via Tirso e quella di Setti nella strada che va verso il Mulargia. L'uomo lascia la moglie Filomena Stori (39 anni) e tre figlie minorenni.

Severino Sirigu

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