I grandi del Vecchio Continente riuniti per discutere del dopo Brexit.

Al Consiglio europeo di Bruxelles, oggi e domani, presente anche il premier italiano Matteo Renzi, che ha in programma diversi incontri ufficiali.

FARAGE: "RESTO A BRUXELLES" - E mentre si fanno strada diverse ipotesi su quello che l'Ue potrebbe decidere per il futuro, Nigel Farage, leader inglese dello Ukip, tra i principali fautori dell'uscita del Regno Unito dall'Unione, nonché europarlamentare, ha già chiarito che non intende lasciare il suo incarico nelle aule di Strasburgo e Bruxelles, almeno fino a quando il "divorzio" non sarà negoziato.

L'IRONIA DI JUNCKER - Proprio Farage è stato bersaglio dell'ironia del presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker: "È l'ultima volta che lei applaude qui. Lei è un sostenitore della Brexit, perchè è qui? Ora avete preso una decisione, e ora ne dovete accettate le conseguenze", le sue parole rivolte al leader populista britannico.

Dal canto proprio, Farage, ha attaccato le istituzioni Ue, sostenendo che "il vostro progetto politico sta fallendo".

"FARE PRESTO"- Quanto al futuro senza Londra, Juncker ha ribadito quanto già anticipato ieri nel vertice trilaterale tra Angela Merkel, François Hollande e Matteo Renzi.

Ovvero che "la Gran Bretagna deve chiarire al più presto possibile la sua posizione", senza aspettare.

Riferimento alla decisione del governo uscente di David Cameron di rimandare la presentazione della richiesta di uscita dall'Unione all'autunno, quando a Londra si sarà insediato un nuovo governo.

CAMERON - Lo stesso Cameron ha avuto un faccia a faccia proprio con Juncker.

E ha confermato la tempistica già annunciata ai deputati britannici: attivare la procedura di uscita toccherà al suo successore sulla poltrona di premier, che sarà nominato a settembre.

"Il Regno Unito lascerà l'Unione Europea, ma voglio che il processo sia il più il costruttivo possibile", ha poi detto Cameron, sottolineando che in ogni caso la Gran Bretagna "non volterà le spalle all'Ue", perché "questi Paesi sono vicini, amici, alleati, partner" ed è necessario "mantenere delle relazioni più strette possibili", in termini di "commercio, cooperazione e sicurezza", perché "è una cosa buona per noi e per loro".

IL PARLAMENTO UE: "SUBITO FUORI" - Sull'accelerazione dell'iter per la Brexit si è espresso oggi anche il Parlamento Ue, riunito in

seduta straordinaria a Bruxelles.

In particolare, l'aula ha approvato una risoluzione nella quale chiede alla Gran Bretagna di attivare "immediatamente" l'articolo 50 del Trattato di Lisbona per l'uscita dall'Unione. Nel testo, ratificato con il voto favorevole di 395 eurodeputati (200 i contrari), si esorta il Regno Unito ad avviare al più presto i negoziati, "per evitare un'incertezza che sarebbe dannosa e per proteggere l'integrità dell'Unione".

IL NODO DELLA LINGUA INGLESE - Tra i numerosi temi di confronto che l'Unione europea dovrà affrontare, c'è anche quello linguistico con l'inglese, la seconda lingua più parlata al mondo nonché principale lingua per la comunicazione di lavoro nelle istituzioni Ue, che potrebbe non più essere una lingua ufficiale dell'Ue nel momento in cui il Regno Unito lascerà il blocco a 28.

A spiegarlo è Danuta Hubner, presidente della Commissione affari costituzionali del Parlamento europeo.

Il punto è che l'inglese è parlato in tre Stati europei (cioè Regno Unito, Irlanda e Malta) e ogni Stato membro ha il diritto di scegliere una lingua per essere rappresentata a Bruxelles, ma solo il Regno Unito ha scelto l'inglese, perché l'Irlanda ha scelto il gaelico e Malta il maltese.

Hubner spiega che l'inglese potrebbe restare una lingua di lavoro nell'Ue, anche se non dovesse più essere una lingua ufficiale, e perché resti lingua ufficiale è necessario l'accordo di tutti gli Stati membri.
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