Il Partito Popolare del premier uscente Mariano Rajoy ha vinto le elezioni politiche spagnole con il 33% e 137 seggi su 350 nel Congresso dei deputati. Lo si apprende dai dati del ministero dell'Interno.

Secondo il Psoe con il 22,69% e 85 deputati, seguito dall'alleanza di Podemos con Izquierda Unida al 13,36% con 45 seggi e da Ciudadanos con il 13,03% e 32 deputati.

A meno di accordi tra i primi due partiti sarà impossibile formare un Governo e la penisola sarà ancora ingovernabile.

Del resto l'esito, finora, nella sostanza non è molto diverso da quello del 20 dicembre scorso quando le urne consegnarono una ingovernabilità a causa della quale 36,5 milioni spagnoli oggi sono tornati a votare.

Allora il Pp aveva conseguito 123 seggi, il Psoe 90, Podemos 69 e Ciudadanos 40.

Il dato rilevante è anche l'astensionismo record nella storia democratica: alle 18 l'affluenza era al 51,2% contro il 58,2% della stessa ora del 20 dicembre.

Quattro i candidati: il premier uscente Mariano Rajoy, 61 anni, alla guida del Partido popular; il segretario del Psoe, Pedro Sanchez, 44 anni; Pablo Iglesias, 37 anni, leader di Podemos che ha stipulato un'alleanza l'estrema sinistra di Izquierda Unida battezzata Unidos Podemos; Albert Rivera Diaz, 36 anni, leader di Ciudadanos.

Alla vigilia del voto molti si sono chiesti se quanto successo nel Regno Unito avesse potuto avere un impatto su elezioni il cui esito era già ampiamente incerto anche nei giorni scorsi.

In effetti, sia il premier uscente conservatore Mariano Rajoy sia il socialista Pedro Sanchez hanno usato il risultato del referendum sull'uscita per infondere la paura in caso di un successo di Podemos di Pablo Iglesias, che al suo esordio si era presentato come fortemente antieuropeista.

"Gli spagnoli hanno un appuntamento molto importante domenica - aveva detto Rajoy - Qualunque sarà il risultato la Spagna confermerà l'impegno nell'Unione europea".

Un impegno che ha voluto confermare lo stesso Iglesias, twittando: "Giornata triste per l'Europa. Dobbiamo cambiare. Nessuno avrebbe voluto lasciare un'Europa giusta e solidale. Dobbiamo cambiare l'Europa".

Ma a parte l'effetto Brexit, l'incertezza nell'esito del voto è una conseguenza dello schema di veti incrociati fra i quattro principali partiti riproposto in campagna elettorale dopo sei mesi di negoziati inconcludenti.

Disillusi e arrabbiati, gli elettori si apprestano a votare un nuovo parlamento frammentato e diviso.

Rajoy non si è mosso dalla posizione assunta negli ultimi sei mesi, ovvero l'offerta di un'alleanza con i socialisti ed eventualmente il nuovo partito liberale anti casta Ciudadanos.

Ma il leader socialista, Pedro Sanchez, ha ribadito più volte di non voler appoggiare un governo del Pp. Mentre Albert Rivera, capo di Ciudadanos, continua a chiedere un forte ricambio ai vertici del Pp come condizione di un accordo.

Una richiesta che è stata rafforzata dall'ultimo scandalo che ha coinvolto i conservatori, con presunte trame del ministro dell'Interno ai danni degli indipendentisti catalani.

A sinistra dello spettro politico, la novità di questa tornata elettorale è l'alleanza stretta fra Podemos, il partito di Pablo Iglesias ispirato al movimento degli Indignados, e Izquierda Unita, storica formazione della sinistra radicale spagnola.

Anche Podemos, come il PP, preme per un governo assieme ai socialisti.

Ma Sanchez teme di rimanere stritolato da alleanze in cui sarebbe il socio di minoranza, perdendo consensi come è avvenuto ai socialdemocratici in Germania alleati della cancelliera Angela Merkel.

Per non parlare del Pasok greco, praticamente scomparso dopo l'alleanza con i conservatori e sostituito a sinistra dal partito Syriza di Alexis Tsipras.

Al di là dei veti incrociati, i giochi si riaprono.

E sarà necessario trovare un accordo, perché certo non si può votare una terza volta.

Non è nemmeno escluso che vi sia un rimescolamento ai vertici. Nel Psoe la principale rivale di Sanchez è Susana Diaz, capo del governo andaluso.

Nel PP Rajoy appare deciso a rimanere al suo posto, ma circolano i nomi della vice premier Soraya Saenz de Santamaria, o della presidente della comunità di Madrid, Cristina Cifuentes. Forse a salvare la Spagna saranno le donne.
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