Prende il via alla nuova udienza di oggi, la difesa di Massimo Bossetti, sotto processo a Bergamo con l'accusa di aver ucciso Yara Gambirasio.

In aula, dopo aver disertato gli appuntamenti precedenti, c'è la moglie del carpentiere, Marita Comi, accompagnata su una Porsche dal consulente della difesa Ezio Denti.

La scena oggi è tutta per i legali di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, pronti a contestare tutti gli elementi di prova presentati dalla Procura di Bergamo.

Le parole di esordio da parte di Salvagni sono per la 13enne: "Il primo pensiero quando ho assunto questa difesa, quasi due anni fa, è stato per la vittima e la sua famiglia. Spero che il nostro lavoro non sarà mai irrispettoso della memoria della povera Yara, se non sono stato abbastanza rispettoso chiedo scusa", discorso pronunciato non "per catturare la benevolenza della Corte", ha precisato, ma per spiegare che affronta questo caso "prima come padre che come avvocato"; il difensore ha definito l'omicidio della giovane ginnasta tra "i più brutti, atroci, efferati che ha colpito e sconvolto tutti noi".

IL DNA - I primi "colpi" dell'arringa riguardano il contestato tema del Dna, ricavato da una traccia mista del Dna di Yara e di "Ignoto 1", identificato con l'imputato, e sul quale esiste un'incongruenza: il Dna mitocondriale (che identifica la linea di ascendenza materna) non corrisponde a quello di Bossetti. L'anomalia è già stata riconosciuta dall'accusa, ma, a suo dire, "non inficia" il resto: il Dna nucleare è del carpentiere e solo quello ha un valore forense.

Per Salvagni, "non possiamo fare un atto di fede, non possiamo chiudere gli occhi. C'è il Dna, cosa vuol dire? Che non facciamo il processo? È un dato che va letto, studiato, deve essere perfetto. Non avete giurato su un libro di biologia ma sulla Costituzione, dovete essere severi ma scevri da suggestioni". Le piste alternative, continua il legale, "sono mille e la nostra coscienza non può accettare il rischio che in carcere ci sia un innocente".

LA MORTE DI YARA - Sul giorno e sull'orario del delitto non esiste certezza, sostiene l'avvocato, nemmeno sull'arma che l'ha uccisa, e neppure su cosa sia accaduto il 26 novembre 2010 (giorno n cui la 13enne è scomparsa), "non vi è certezza di niente". "Questo processo - aggiunge - ha parlato di tutto, ma non di cosa è davvero successo", ed è servito "a far male a una persona: non ho paura di dire che è una tortura per Bossetti".

PADRE ESEMPLARE - Ancora il collega di Salvagni, Claudio Caomporini, ha definito Bossetti un "abitudinario cronico", un marito e un padre "esemplare", un uomo "innocente con un'esistenza parallela senza mai un contatto, nemmeno casuale, con la vittima".

Per la difesa, inoltre, "non ci sono riscontri di un movente, di un

incontro, tutto muove per dire che non è stato commesso da Bossetti".
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