I commercianti del Bangladesh, che da anni vivono a Palermo, hanno deciso di ribellarsi al pizzo denunciando le continue vessazioni subite negli ultimi mesi da un gruppo criminale.

È così scattata all'alba di oggi l'operazione antimafia che ha portato in carcere dieci persone, molte delle quali ritenute "le nuove leve di Cosa nostra".

I provvedimenti di fermo dell'operazione denominata 'Maqueda', sono stati firmati dal Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Leonardo Agueci che hanno coordinato l'inchiesta con i pm Sergio Demontis ed Ennio Petrigni.

Gli arrestati sono accusati di fare parte di un gruppo "che teneva sotto controllo una parte del quartiere Ballarò" e responsabile di "decine di reati aggravati dal metodo mafioso e dalla discriminazione razziale, vicini alle famiglie mafiose di Palermo Centro", come spiegano gli investigatori.

Le indagini della Squadra Mobile diretta da Rodolfo Ruperti hanno sgominato "un pericoloso gruppo armato che per lungo tempo si è imposto sul territorio del centro storico di Palermo terrorizzando i commercianti stranieri".

I reati contestati sono tentato omicidio, estorsione, incendio, rapina, violenza privata e lesioni personali tutti perpetrati ai danni di commercianti extracomunitari prevalentemente del Bangladesh, "etnia nota per l'indole pacifica", spiegano dalla Questura.

Le indagini hanno subito un decisivo impulso dopo il fermo di Emanuele Rubino per il tentato omicidio di Yusupha Susso, il giovane studente gambiano ferito, lo scorso 4 aprile, con un colpo d'arma da fuoco alla testa, 'colpevole' di avere reagito all'ennesimo atto di gratuita sopraffazione.

All'esecuzione dell'operazione hanno partecipato oltre cento uomini, "non solo in ragione della pericolosità dei soggetti, ma anche per la particolarità del territorio caratterizzato, sotto l'aspetto topografico, da vicoli tortuosi mentre, per quanto concerne l'aspetto sociale, da un alto numero di pregiudicati".
© Riproduzione riservata