"Rivoglio la mia vita, rivoglio il mio lavoro", ma non nel reparto in cui è stata per anni, perché si è sentita sotto accusa anche da parte dei medici.

A parlare è Fausta Bonino, l'infermiera dell'ospedale di Piombino (Livorno) arrestata, e poi scarcerata dopo 21 giorni, con l'accusa di aver ucciso, attraverso iniezioni di eparina, 13 pazienti.

E quelle possibili imputazioni per un eventuale processo sono state oggetto, oggi, di altre critiche, poiché sono state rese note le motivazioni della sentenza con la quale è stata liberata.

Il tribunale del Riesame di Firenze ha ritenuto che l'infermiera potesse lasciare il carcere, dopo aver ravvisato "insussistenza della gravità indiziaria", in quanto gli elementi "non sono connotati da gravità, precisione e concordanza"; inoltre per 8 morti, delle 13 per le quali la donna è indagata, "non vi sono riscontri ematochimici" che possano confermare che siano state causate dalla somministrazione di eparina.

E invece per la Procura lei è una dissociata, che ha commesso delitti ma non li ricorda, come scrive il Corriere; la verità, dice l'infermiera è che "è più facile parlare di un serial killer che scoperchiare un vaso di Pandora", lasciando intendere che all'ospedale di Piombino ci siano "strane dinamiche", e infatti promette: "Entrerò nei particolari più avanti, quando arriverà il momento. Adesso è meglio tacere".
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