La linea rossa è superata. O meglio, calpestata: la concentrazione di sostanze inquinanti e cancerogene presenti nelle acque di falda attorno al bacino dei fanghi rossi violerebbe di gran lunga i limiti imposti dalla legge. E quando si parla di arsenico, anche di centodieci volte.

A descrivere lo stato di contaminazione delle acque di falda nell'area dei giganteschi bacini di raccolta dell'Eurallumina sono le analisi chimiche eseguite l'anno scorso dall'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), acquisite dal consulente tecnico Mario Manassero e depositate il 12 aprile scorso agli atti dell'inchiesta sfociata nel processo all'amministratore delegato della multinazionale di Portoscuso Vincenzo Rosino e al direttore dello stabilimento Nicola Candeloro, entrambi accusati di disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti.

Nelle tabelle elaborate da Manassero, il professore del Politecnico di Torino incaricato dal pm Marco Cocco di valutare le condizioni di sicurezza strutturale e ambientale del bacino di Portoscuso (in parte attualmente sotto sequestro dal 2009) emerge un'alta concentrazione di inquinanti: è stata rilevata dai piezometri installati a valle dei vasconi dei fanghi rossi tra aprile e settembre dell'anno scorso. Non tanto tempo fa quindi.
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