Carte secretate sull'autopsia eseguita al Cairo sul corpo di Giulio Regeni, e continue smentite dal governo egiziano sulle circostanze della scomparsa del giovane ricercatore, ritrovato morto il 3 febbraio scorso in una strada della capitale.

Torturato e ucciso, secondo gli investigatori italiani, anche con scosse elettriche perché lo studente rivelasse i suoi contatti.

Proprio il fatto che "frequentasse" il sindacato egiziano, unico oppositore al regime del generale Al Sisi, potrebbe avergli procurato l'attenzione da parte degli apparati di sicurezza governativi.

Ma il Cairo smentisce questa versione e attacca alcuni media occidentali che "hanno pubblicato informazioni assolutamente false riguardo le circostanze della scomparsa".

Le smentite arrivano dallo staff del ministero dell'Interno egiziano, che ha anche precisato: "Il team di ricerca allargato incaricato delle indagini sulla morte del giovane italiano prosegue i suoi sforzi di ora in ora in un quadro di cooperazione totale con la parte italiana. I risultati di questi sforzi saranno annunciati nel momento in cui si giungerà a informazioni certe".

Il ministro Gentiloni ha affermato che "la nostra partnership in casi come questi deve tradursi in una piena collaborazione per l'accertamento della verità", ribadendo che "l'impegno nostro c'è e non sarà il trascorrere del tempo ad attenuarlo".

Il mistero rimane. E gli investigatori italiani vagliano attentamente anche le varie testimonianze che darebbero Giulio il pomeriggio della scomparsa, il 25 gennaio scorso, in un luogo diverso da quello in cui, secondo la localizzazione del suo telefonino, si trovava effettivamente. Dato, questo, dimostrato da alcune conversazioni sui social tra il ragazzo e la sua fidanzata.

Le testimonianze potrebbero essere depistaggi per allontanare gli inquirenti dalla verità.
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