Lavoratori dipendenti ad esclusione di quelli agricoli, dei pubblici e dei lavoratori domestici: è questo l'universo al quale si è rivolta la misura della legge di stabilità sulla possibilità di chiedere l'anticipo della quota di Tfr maturando in busta paga.

Ma pochi, secondo i primi calcoli della Fondazione studi dei Consulenti del Lavoro, hanno deciso di cogliere l'opportunità (il Governo puntava a far crescere i consumi) soprattutto per gli svantaggi sul piano fiscale per le retribuzioni superiori a 15.000 euro. Se si fa la scelta per il Tfr in busta (si chiamerà Qu.ir, quota integrativa retribuzione) la decisione è irrevocabile fino a fine giugno 2018.

L'unico requisito per la richiesta è un'anzianità di almeno sei mesi presso lo stesso datore privato. Le imprese con meno di 50 dipendenti che dovessero registrare problemi nei flussi finanziari necessari a far fronte al maggiore esborso mensile legato alle richieste di erogazione dell'importo altrimenti destinato al trattamento di fine rapporto, possono accedere a finanziamenti a tasso agevolato.

L'anticipo è assoggettato a tassazione ordinaria (e non, quindi, a quella separata, più favorevole, prevista sulle liquidazioni di fine carriera). In particolare l'anticipo - secondo calcoli della Fondazione studi dei consulenti del lavoro - dovrebbe essere neutro per i lavoratori con un reddito fino a 15.000 euro mentre dovrebbero subire un aggravio fiscale quelli al di sopra di questa soglia, con un aumento annuale di tasse che, per chi ha 90.000 euro di reddito, arriva a circa 600 euro l'anno (oltre 1.800 euro in meno circa per il periodo aprile 2015-giugno 2018).
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