La competitività delle imprese è strettamente associata a quella del territorio: se il territorio è competitivo anche il sistema di impresa si colloca positivamente negli scenari nazionali e internazionali. La correlazione positiva tra lo sviluppo economico di un territorio e la sua dotazione infrastrutturale è testimoniata dalla quasi totalità degli studi esistenti che mostrano come un sistema di infrastrutture efficace, efficiente ed adeguato al contesto territoriale rappresenti una esternalità positiva per i soggetti operanti nel territorio stesso favorendo un aumento del livello di produttività.

Il livello di infrastrutturazione di un territorio è tradizionalmente riferito alla esistenza di risorse materiali che, per quanto riguarda le strutture sociali, l’ISTAT individua nella disponibilità di ospedali e case di cura, scuole e istituti di istruzione, biblioteche e centri culturali, etc. A questa dimensione materiale vanno però necessariamente connessi alcuni aspetti complementari, quali le risorse umane e strumentali disponibili nelle strutture: alla dotazione infrastrutturale in senso fisico occorre quindi aggiungere l’offerta di servizi presente nelle strutture (realizzata attraverso la presenza di personale medico e infermieristico, assistenti sociali, insegnanti ed educatori, operatori culturali etc. nonché con l’ausilio di apparecchiature diagnostiche, scuolabus, reti telematiche, etc.). Per valutare in modo adeguato le infrastrutture sociali non si può non considerare però un altro aspetto di rilievo relativo alle modalità con le quali la funzione/servizio viene attuata: si tratta quindi di considerarne le modalità organizzative, i livelli di utilizzazione, etc.

Queste tre dimensioni (numerosità, risorse e modalità) influiscono sul modo in cui le infrastrutture sociali contribuiscono a determinare le condizioni di vita della collettività, incidendo per esempio sulla salute e sul livello di istruzione dei cittadini. Sono quindi fattori importanti non solo perché accrescono il livello di benessere della società, ma anche perché indirettamente, intervenendo sulla qualità del capitale umano, accrescono la produttività complessiva del sistema. In linea di massima ci si può aspettare allora che gli investimenti nel settore sanitario generino miglioramenti nella qualità della vita delle persone, mentre quelli nel settore dell’istruzione, agendo sulla preparazione professionale della forza lavoro, possano più facilmente contribuire alla creazione di condizioni più favorevoli alla crescita economica.

Appare quindi evidente come i tradizionali strumenti di politica sociale, in una società sempre più caratterizzata da crescenti disuguaglianze e progressiva frammentazione sociale, debbano essere orientati alla creazione di coesione sociale ed accompagnati da investimenti in grado di potenziare soprattutto il capitale sociale esistente (dimensione delle risorse) e sviluppare processi di creatività (dimensione delle modalità). Soprattutto in un momento in cui il bisogno diffuso è quello della produzione di socialità piuttosto che quello del consumo di socialità.

Stefano Chessa

Ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Università di Sassari
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