Pubblichiamo oggi la lettera di un allevatore sardo relativa alla nuova legge regionale sulla suinicoltura.

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"Gentile redazione,

agosto è mese di ferie e di sorprese, di relax e di rabbia, paradosso che puntualmente si è verificato anche quest'anno quando i nostri politici regionali, in sordina, hanno deciso che nessun piccolo allevatore di suini ad uso familiare possa tenere oltre quattro femmine senza un verro, per il quale, volta per volta, dovrebbero rivolgersi ad un allevatore autorizzato.

È questa una legge che, anziché tutelare i coltivatori e allevatori che per passione, amore per gli animali o per arrotondare una povera pensione di cinquecento euro senza vitalizio si dedicano a questa attività, li mortifica.

Un provvedimento che dice addio ad una tradizione millenaria fatta di condivisione, generosità, incontri conviviali e molto altro.

La Regione che dice di voler salvaguardare la lingua sarda, con questo provvedimento la svuota di significato perché se a una lingua togliamo il retroterra economico, sociale e culturale in cui si sviluppa diventa astratta, Esperanto.

È patetica inoltre, e suona come un oltraggio all'intelligenza dei sardi la giustificazione che viene data al provvedimento in questione, che preserverebbe dalla peste suina il territorio nonché la razza autoctona.

Al contrario essa crea un cartello dei grossi allevamenti autorizzati alla vendita dei verri, questi sì invece, selezionati al massimo con buona pace della razza nostrana".

Enzo Murgia - Seulo

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