Pubblichiamo oggi la riflessione di un lettore relativa all'apertura agli omosessuali di Papa Francesco e ai fatti svoltisi in questi giorni a Reggio Emilia, dove un parroco d'intesa con il vescovo ha tenuto una veglia di preghiera a favore dei "fratelli gay".

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"Gentile redazione,

come hanno fatto notare molti osservatori, l'innocua battuta di papa Francesco "chi sono io per giudicare un gay" è valsa più di un decennio di rivendicazioni da parte degli omosessuali.

Chi pensava che la “boutade d'alta quota” proferita durante un volo papale venisse recepita con sdegno dalla maggioranza dal clero si è dovuto ricredere.

È vero che la quasi totalità dei prelati italiani ha preferito non commentare la "sparata choc" del papa più amato dai non credenti, ma è altrettanto vero che, da quel giorno, molte parrocchie si sono mobilitate contro l'omofobia.

Ultima in ordine di tempo ad ottemperare le urgenze dottrinali di Papa Francesco è stata la parrocchia Regina Pacis di Reggio Emilia. Con il titolo "La verità vi farà liberi, per il superamento dell'omofobia, della transfobia e di ogni intolleranza", domenica scorsa don Paolo Cugini e il vescovo Massimo Camisasca sono riusciti a celebrare, soprattutto grazie all'ausilio di Carabinieri, Polizia e Digos, una veglia di preghiera a favore dei fratelli gay.

Chi ha fatto presente ai celebranti che il vangelo e la dottrina sono contrarie agli atti omosessuali, il vescovo di Reggio Emilia Massimo Camisasca si è rivolto ai gay plaudenti con la filiale espressione: 'Siete tutti figli miei'. Che avrà voluto dire? Mistero della chiesa in uscita, o uscita della dottrina dalla chiesa?".

Gianni Toffali – Dossobuono di Verona

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